Tra il giustizialismo   e lo squadrismo

C’era e c’è ancora il giustizialismo. Che ha subito negli anni - da oltre venti dai tempi di Tangentopoli, se ne ricordi il tragico “golpe” instauratosi come narra l’omonimo e coevo libro del nostro Diaconale - torsioni e modificazioni, ma sempre e soltanto in peggio.

È di qualche giorno fa l’aggressione all’ex deputato Osvaldo Napoli ad opera dei cosiddetti forconi il cui trucido capo ha tentato l’arresto del mite Osvaldo previa lettura, nei pressi di Montecitorio (sì, proprio la sede del Parlamento), e naturalmente in mezzo alla gente, presenti anche le forze dell’ordine, di un fantomatico articolo del Codice penale. Il giustizialismo trasformato in squadrismo sembra a taluni un teppistico gesto da facinorosi come lo fu quello dello sventolamento in Aula (sempre di Montecitorio) del cappio, e del lancio delle monetine contro Bettino Craxi. Sembra, ma non è così: è peggio, molto peggio, anche e soprattutto perché lo scivolamento della virulenza populista nella simbolicità, sia pure squallida, di una condanna alla forca voluta ed emessa dal popolo, costituisce un nuovo passo in avanti di ciò che resta della politica verso l’abisso.

Come se non bastasse, ad arricchire e nobilitare il quadro devastante del rapporto fra democrazia rappresentativa della volontà del popolo e mondo giudiziario in genere, sono intervenuti altri fatti, nuovi eventi, ulteriori e più ampi balzi in avanti, sullo sfondo della risposta del “No” al referendum ma, anche e soprattutto, della sempre tenue se non addirittura tremante risposta della politica, a cominciare dal Governo, a questo stato di cose. Appunto, lo stato delle cose ai tempi dell’esplosione del fenomeno Grillo, vediamo.

Non ci vuole una laurea ad Harvard per capire che il più rancido giustizialismo è alla base della retorica insopportabile del Movimento 5 Stelle, in mancanza della quale sarebbero ben smilze le guarnigioni elettorali conquistate in suo nome. Guarnigioni, come il Comune di Roma, dove la implacabile legge del contrappasso sta ficcando nel tritatutto giudiziario la “grillina” giunta e la Raggi sindaca. È accaduto il déjà-vu, ben si capisce, da almeno un quarto di secolo. Ma l’ironia della sorte, frutto soprattutto dell’ipocrisia ideologica pro domo sua del comico genovese, ci sta mettendo del suo per spacciare per “golpe” ciò che in realtà proprio lui e il suo M5S hanno sempre appoggiato, giacché il giustizialismo significa anche e specialmente il sostegno, per principio, della prevalenza del potere giudiziario sulla politica altrui ritenuta: turpe, vergognosa, criminale, imbecille, sporca, laida, indegna, autoritaria, neofascista, delegittimata, inetta, dannosa, inutile ecc.. A Roma non c’è stato un complotto, ma una rinnovata manifestazione della crisi irreversibile (?) fra potere giudiziario e potere politico di cui il giustizialismo, come lo squadrismo in suo nome, sono una spia e al tempo stesso un risultato anche dell’appoggio incondizionato grillino, se non coi fatti di certo con le parole, che poi producono fatti.

Sull’asse Roma-Milano, l’autosospensione del sindaco Beppe Sala dopo un avviso di garanzia sull’Expo, è davvero una sorta di testacoda politico-giudiziario ma, al tempo stesso, offre letture simmetriche nella misura in cui la indubbiamente intelligente mossa di Sala potrebbe produrre una pressione sempre più forte sulla pericolante Virginia Raggi per le sue dimissioni dopo l’arresto non di un minus quam ma di Raffaele Marra. Ne vedremo dunque delle belle, anche perché l’asse Milano-Roma parte da quella Napoli dove il Governatore campano, Vincenzo De Luca, è stato incriminato per voto di scambio, pare di pizze e piatti locali, coi sindaci pre-referendum. E dove la mettiamo la Consulta? Pare a molti che, innanzitutto, abbia per dir così ordinato la nascita di un Governo e poi che riscriverà la legge elettorale dopo avere riscritto la riforma della Pubblica amministrazione. Non male, vero? In compenso la Cassazione scriverà di nuovo la riforma delle banche popolari, così tanto per completare il quadro “riformatore”. Infine, è alle viste un referendum contro l’articolo 18 e il Jobs Act.

Dicono che in una simile campagna referendaria la voce della magistratura sarà ancora più forte. Chissà. Indovinala Grillo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58