
O demonizzatori o perplessi. Il processo di criminalizzazione di Donald Trump operato dai media internazionali e nazionali ha prodotto nel nostro Paese queste due categorie di persone interessate al risultato delle ormai imminenti elezioni presidenziali americane.
A dispetto di quanto possano affermare alcuni commentatori politicamente corretti del Corriere della Sera, in Italia non c’è nessuno che consideri il candidato repubblicano una sorta di nuovo Messia ed auspichi acriticamente e fideisticamente il suo avvento nel mitico Studio Ovale della Casa Bianca. Anche chi pensa che Trump possa essere il male minore rispetto ad Hillary Clinton non si mostra affatto entusiasta del repubblicano anomalo e si augura che se mai dovesse diventare Presidente degli Stati Uniti il sistema istituzionale e gli apparati dirigenziali Usa siano in grado di controllarne gli eventuali eccessi e correggere la naturale tendenza ad uscire fuori dal seminato.
Questa sostanziale assenza di supporters scatenati e di presenza di inquieti dubbiosi è resa particolarmente evidente dal dominio della scena mediatica internazionale e nazionale dei sostenitori adoranti e privi di qualsiasi dubbio della concorrente Hillary. Se a votare per il Presidente Usa fossero solo i giornalisti americani ed europei, la Clinton otterrebbe un plebiscito unanime. E non basta. Insieme al responso totalizzante, i votanti sottoscriverebbero entusiasticamente un documento di condanna ai lavori forzati a vita per l’incauto sfidante dell’icona mondiale del politicamente corretto.
La demonizzazione di Trump ha prodotto questo effetto. Ed il risultato è talmente eclatante da alimentare in chi non porta il cervello all’ammasso il sospetto che il candidato repubblicano sia meno diavolo di quanto venga dipinto e la preoccupazione che l’uniformità di giudizio sia il frutto di una egemonia mediatica e culturale mondiale che produce solo guai e disastri.
Nessuno è in grado di prevedere se a vincere sarà Trump o la Clinton. Ma chiunque abbia un minimo di sale in zucca sa bene che, qualunque possa essere il risultato, la prossima settimana la storia degli Usa e del mondo non finirà in una tragedia o nel trionfo del bene in gonnella. La storia andrà avanti. E, per quanto ci riguarda come Paese, se vincerà la Clinton la politica americana nel Mediterraneo continuerà ad essere fallimentare. Se la spunterà Trump forse potrà essere diverso!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08