L’emergenza senza solidarietà nazionale

Chi si è abituato all’idea che ad ogni emergenza debba necessariamente corrispondere una fase di unità e solidarietà tra le forze politiche sarà rimasto sicuramente deluso dalla constatazione che l’emergenza terremoto non abbia affatto prodotto il risultato dato per scontato. Tutte le forze politiche si sono dichiarate disponibili a sostenere l’azione del governo in favore delle popolazioni terremotate e della ricostruzione integrale dei paesi devastati. Ma a questa disponibilità sulle misure concrete non è seguita alcuna apertura di tipo politico nei confronti della coalizione governativa guidata da Matteo Renzi.

Le ragioni di questa mancata solidarietà nazionale sono essenzialmente due. La prima è che il presidente del Consiglio si è guardato bene dal far seguire lo scontato appello all’unità da una serie di atti politici concreti destinati a trasformare la retorica della solidarietà in un coinvolgimento reale delle forze d’opposizione. Renzi si è mosso dando l’impressione di puntare solo ad incassare un clima più distensivo nei confronti del Governo in vista del referendum del 4 dicembre. E la sua azione tesa ad incassare un vantaggio personale dall’emergenza terremoto è stata talmente evidente da scoraggiare qualsiasi proposito di sfruttare il sisma per avviare una fase politica segnata da nuove e più larghe intese.

La seconda ragione, sicuramente più forte della prima, è che agli occhi delle opposizioni il Governo appare talmente debole ed impaurito dalla possibilità di perdere il referendum del 4 dicembre da rendere assolutamente irrealistica una scelta di solidarietà nazionale che verrebbe interpretata dall’opinione pubblica nazionale come un atto di inutile salvataggio di una boccheggiante ed esaurita coalizione governativa.

Per il Movimento Cinque Stelle l’occasione non è quella dell’unità ma quella del colpo di grazia per il Governo di Matteo Renzi. E lo stesso vale non solo per la Lega e per Fratelli d’Italia ma anche per Forza Italia, che non può permettersi di fare favori al Premier prima delle elezioni politiche di fine legislatura. Per una volta, dunque, l’emergenza produce la retorica dell’unità ma non le sue conseguenze politiche. Il ché è forse un bene. Soprattutto per le popolazioni colpite dal terremoto. Perché l’esperienza insegna che gli accordi troppo larghi producono solo la mancanza di controllo e di stimoli.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08