Rinvio del referendum, confusione del governo

Nessuno dubita che prima di ipotizzare un rinvio del referendum il ministro dell’Interno Angelino Alfano si sia consultato con il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Non solo perché è fin troppo noto che all’interno della compagine governativa non si muove foglia che Renzi non voglia. Ma anche perché se un ministro dell’Interno decidesse di operare in maniera autonoma su una questione così scottante e decisiva come la consultazione referendaria, il Premier avrebbe tutte le ragioni per invitarlo a lasciare immediatamente il Viminale e sarebbe costretto, di conseguenza, a prendere atto della morte del proprio Governo.

Dunque, la mossa di Alfano non poteva non essere concordata con Renzi. E mirava a convincere Silvio Berlusconi ad aderire all’idea del rinvio del referendum in cambio di un accordo sulla nuova legge elettorale da realizzare entro la primavera, per trasformare l’attuale pericolante fronte del “Sì” in una larga intesa in grado di vincere agevolmente il referendum rinviato.

Ma se questa era l’intenzione e la speranza di Alfano e dello stesso Renzi, vuol dire che i massimi rappresentanti dell’attuale Governo sono in uno stato di confusione totale e non riescono a comprendere come una proposta del genere non solo non potrebbe mai essere accettata da Berlusconi, ma sembra fatta apposta per convincerlo ulteriormente della assoluta necessità di non spostarsi di un millimetro dalla sua posizione in favore del “No” e del referendum subito e senza rinvii.

Se il Cavaliere decidesse di accogliere le proposte disperate di Alfano e Renzi ed in cambio di una nuova legge elettorale sottoscrivesse un Nazareno-bis, perderebbe qualsiasi peso e ruolo politico nell’anno precedente le elezioni del 2018. Salverebbe la pelle di Renzi, ma sacrificherebbe la propria togliendo a Forza Italia qualsiasi speranza di sopravvivere al voto politico di fine legislatura.

Nessuno dubita che la prospettiva degli anni che verranno dopo il 2018 sia quella di un Governo di “larghe intese” in grado di guidare senza eccessive tensioni il Paese fuori dalla crisi. Ma un conto è arrivare a questo accordo inevitabile in una condizione di sostanziale parità con la controparte, un altro costo è arrivarci talmente esangue e stremato da trasformare l’intesa in un patto leonino a vantaggio di Renzi.

Berlusconi è già stato scottato una volta da un Premier che non cerca alleati ma solo subordinati. Per cui difficilmente si farà convincere del contrario!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:05