Quei moribondi di Palazzo Madama

In questi giorni, i moribondi di Palazzo Madama stanno scrivendo la pagina più nera del costituzionalismo repubblicano, ignari di appartenere al ramo di un Parlamento delegittimato politicamente, se non giuridicamente, dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittima la legge con cui sono stati “eletti”. E, incredibile a dirsi, benché agonizzanti per loro stessa volontà, si danno da fare non solo per abbattere il piedistallo che li sostiene, ma anche per precludersi la speranza di una prossima resurrezione da deputati. Stanno consegnando se stessi (passi pure!) e la sovranità popolare (intollerabile!) al macero.

Dopo quella sentenza, invece di procedere con raddoppiata prudenza e cautelosa ponderazione, proprio a causa dei vizi d’origine sentenziati dalla Corte costituzionale (liste bloccate e premio di maggioranza), si sono lanciati in una corsa sfrenata a cambiare i connotati del Parlamento e della Costituzione. Loro, che appartengono ad un Parlamento che doveva essere sciolto, ma viene tenuto in vita, e che perciò è obbligato a limitare l’esercizio delle sue attribuzioni esclusivamente agli indefettibili atti dovuti ed agli atti di ordinaria amministrazione. Quindi deve bensì approvare la legge elettorale, ma non in frode alla sentenza della Consulta, come sta accadendo, a parte il resto, per esempio “il premio di minoranza qualificata”, il ballottaggio per un governo parlamentare (sic!), le minime soglie di sbarramento, la miscela tra capilista nominati e comprimari con le preferenze.

Una legge elettorale commisurata e cucita addosso al governo ed al partito che la propongono, esattamente come la “Legge Acerbo” di fascistica memoria. Mentre, al contrario, questo Parlamento non può e non deve trattare la materia costituzionale, poiché l’esercizio del potere costituente e di revisione costituzionale, essendo la più alta espressione della sovranità popolare, compete, in quanto tale, solo al Parlamento incontestabilmente nel pieno della sua legittimità formale e sostanziale. Il Parlamento in carica non lo è affatto. Eppure, pretende di modificare a tambur battente la composizione stessa del Parlamento e una larga parte della Costituzione. Anche a prescindere da queste inoppugnabili considerazioni, viene persino sottaciuta l’aberrazione consistente nel lasciare che i parlamentari nominati da una ristretta oligarchia, anziché eletti e rappresentativi del popolo, riformino la Costituzione.

Mai, nell’intera storia del vero costituzionalismo, l’assemblea costituente fu formata da costituenti nominati da coloro del cui potere avrebbe dovuto disciplinare la legittimità, i limiti, i controlli! Se non è un colpettino di Stato, poco ci manca. E perché, poi? Per inseguire le convinzioni infondate di un governo e di una maggioranza afflitti da nuovismo giovanilista e da fregola riformatrice, e soprattutto da disprezzo dei princìpi politici della democrazia liberale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10