
Il dibattito sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica mette a nudo le debolezze del centrodestra nazionale molto più e molto meglio di qualsiasi sconfitta elettorale.
Chiudete gli occhi e provate a immaginare. Giorgio Napolitano scioglie le Camere all’indomani dell’emergere di un gigantesco scandalo che coinvolge Matteo Renzi e il Partito Democratico. Nonostante il grande vantaggio maturato sin qui nei sondaggi, il centrosinistra italiano si sgretola. Una coalizione composta da Forza Italia, Ncd, Lega Nord, Italia Unica e Fratelli d’Italia riesce a vincere le elezioni con il 40 per cento e a garantirsi una maggioranza sia alla Camera che al Senato (c’è ancora, non hanno avuto il tempo di abbatterlo). Di più: anche se divisi e litigiosi, i partiti del centrodestra trovano l’accordo su Ignazio Visco come Presidente del Consiglio alla guida di un governo tutto politico.
Bene. No: male. Perché Napolitano, arrivato sin qui, sente di aver dato tutto: di prima mattina convoca la stampa al Quirinale e annuncia le sue dimissioni. Nel primo pomeriggio vertice urgente tra la maggioranza di governo. In una stessa stanza rientrano i leader dei cinque partiti che compongono la coalizione: Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Matteo Salvini, Corrado Passera e Giorgia Meloni. All’ordine del giorno un solo punto: un nome per il Colle.
Aprite gli occhi e sbattete il muso contro la cruda realtà: il centrodestra, pur avendo i voti, non saprebbe chi mandare a ricoprire la prima carica dello Stato. Anni passati a prendersela contro il destino cinico e baro, ad inveire contro quella dea bendata capace di far cadere ogni elezione quirinalizia in tempo di maggioranze di centrosinistra. E poi, quando potrebbe toccare a noi, niente: non c’è nessuno. Non un Napolitano, un Carlo Azeglio Ciampi, un qualcuno che anche solo vagamente, magari per pigrizia, non sia sembrato contrario alla gioiosa macchina da guerra berlusconiana e post-berlusconiana. Non diteci che non ci avete pensato: quando Napolitano scriverà le ultime pagine della sua lunga carriera, a noi poveri moderati, liberali, conservatori, popolari rimarrà solo un foglio bianco e nessuna cosa da scriverci sopra. A meno che non ci vogliate far credere che sia diventato normale rassegnarsi a dover puntare su Giuliano Amato.
Tratto da Notapolitica
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21