
Ci vado o non ci vado dai grillini? Con lo streaming o senza? La suspense è la tecnica da Renzi. Lo sapeva perfettamente fin dall’inizio che ci sarebbe andato e lo sapevamo perfino noi.
Renzi è un leader politico, un prodotto dell’immagine televisiva. Pure questo sappiamo, compresa la strettissima parentela mediatica con Silvio, una sorta di filiazione. Senza la tv è difficile immaginare la politica di questi due protagonisti.
Dunque, in principio c’era la “divinità” chiamata televisione. E c’è ancora ma con tanti figli: streaming, computer, tablet, smartphone. La tv, ancora oggi, organizza le comunicazioni come nessun altro mezzo ha la possibilità di fare. Certo, fin dall’arrivo del computer ci hanno spiegato che i nostri figli e i loro dovevano imparare subito il linguaggio del pc.
Ma il fatto più vero importante è che tutto quello che abbiamo appreso sulle creazioni di Bill Gates, Steve Jobs e su ciò che significano nella nostra vita, lo abbiamo appreso dalla tv che ha raggiunto la posizione di uno strumento capace di dirigere non soltanto la nostra conoscenza sul mondo ma anche sulla conoscenza sui modi di conoscere. Divenuta in tal modo “mito” non vale più la pena domandarci se la tv modella la cultura o semplicemente la riflette.
Ormai è diventata la nostra cultura e le condizioni in cui materialmente la guardiamo l’hanno trasformata in un fatto naturale, assumendosi come rappresentazione dell’universo culturale e politico. La tv, poi, ha trasformato la nostra politica in una vasta arena da grande spettacolo, giacché il mondo così come ci viene presentato appare del tutto naturale esattamente come le definizioni di verità, di conoscenza e di politica. L’importante è saperla fare e saperla guardare, ciò che conta è impararne il linguaggio. In questo senso il processo evolutivo della politica s’intreccia con lo stesso della televisione, del web e dello streaming. In una reciprocità di dare e avere, compresi gli errori e le figuracce.
Quando si parla di filiazione a proposito della coppia Renzi-Berlusconi, al di là del significato letterale, conta l’immersione di entrambi e di tutti noi in questo universo che l’interazione dei media produce. Un universo che influenza attori e spettatori, che offre potenzialità e insidie, successi e pericoli, ombre e luci. I medium sono macchine, il protagonista è attore, certamente, col suo retaggio di emozioni e di errori non sempre nascosti grazie al make up. E nemmeno dai blu jeans.
Diciamocelo: la performance renziana in streaming non è stata all’altezza della fama del premier, che pure sa il fatto suo quanto a tecniche comunicative. Lo streaming è un’orrenda scena fissa da distretto di polizia, non è l’arena del più grande spettacolo del mondo. Ed è una testimonianza, un film a scena fissa. Consente l’osservazione di dettagli visivi e sonori. Questa volta il protagonista attore ha "toppato", sia nell’audio che nel video. Battute modeste, interruzioni spocchiosette, cellulare sempre in mano, imperdonabile. Si capiva che era reduce da una seria battuta d’arresto. Di livello europeo, per giunta. La sera prima, non in streaming, aveva tenuto uno dei suoi peggiori discorsi, modello "arrogance pour homme". Un modello che in Europa non funziona. Ma neppure da noi in streaming. Alla prossima.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20