
Siccome siamo abituati da noi ad abbeverarci alla fontana dei retroscena, del gossip e dell’infotainment, ci fermiamo alla superficie di persone e fatti. Capita e capiterà sempre più spesso. Cionondimeno, necessitiamo di una guida, di un bastone speciale per sorreggerci nell’affastellato cammino della realtà. Affastellato, appunto, di intralcianti e devianti spettacolini. Lo diceva lui (sì, proprio lui), il Cavaliere, che dovevamo stare attenti al teatrino della politica, innanzitutto perché di quel palcoscenico è stato a lungo il regista e il protagonista.
Non è casuale che Matteo Renzi ne sia il successore più eloquente e, al tempo stesso, il più complesso, non fosse altro che per l’anagrafe. Renzi, dunque, come sviluppo del senso berlusconiano dell’approccio politico, Renzi in Europa. Lo stage - come direbbe Farage che ha fatto chapeu al nostro premier pur liquidandolo contenutisticamente - era avvezzo a presenze ben diverse, a fantasmatiche orazioni tecnicistiche ed a eloquenze aride, ispirate al rigore, anzi al rigor mortis Europae. Il neopresidente ha capovolto l’impostazione e, al di là di qualsiasi critica destrorsa o sinistrorsa od euroscettica, ha fatto di se stesso il messaggio nuovo; si è posto come primo attore e autore e regista esattamente nelle modalità cui ha abituato il suo pubblico italiano, pur consapevole che la platea restava e resta di tutt’altra formazione.
Ma noi non vogliamo affatto inoltrarci nei contenuti e neppure nelle metafore e allitterazioni evocanti miti e mitologie mediterranee (et pour cause), cui pure siamo debitori perché fondanti dell’Occidente. Ci interessa, come si diceva, quel fastello di osservazioni a lato che hanno spostato l’attenzione, giacché la tecnica del gossip fa vendere perché piace. A grandi e piccini. Cosicché, come api attirate dal miele, come conchiglie aggrappate allo scoglio, i nostri pensieri sono stati catturati da un non fatto, dalla mancata conferenza stampa con Schulz. In favore della puntata speciale di “Porta a Porta”. Andate a leggere tutti i giornali e i siti e converrete almeno su questo: che ancora una volta la prevalenza della forma ha stravinto sull’entità del contenuto.
La vera notizia, il verum ipsum factum vichiano, finiva così nascosto dalla fiction secondo quel processo fatale che una certa informazione - cioè quasi tutta - infligge all’utenza, cioè noi. Il punto è che sia Renzi che Schulz, e chiunque altro al loro posto, a cominciare dal Cavaliere, erano e sono indifferenti ad una ritualità del genere. Figuriamoci il pubblico. Soprattutto Renzi, che dal suo antico e sempre vivo maestro col quale si è di nuovo incontrato cordialmente, ha capito fin troppo bene che andare da Vespa significa congiungersi al comune sentire, sposarsi con la leggendaria pubblica opinione, immergersi in quell’immaginario collettivo che l’intrinseca potenzialità della trasmissione di Vespa ha trasformato nella terza, pardon, quarta Camera, comprendendo quella di Strasburgo.
Diciamo che l’informazione ha completato la sua corsa. Che il gatto si morde la coda, ecco. Il cerchio si chiude annullando persino la potenza del gossip nella misura con la quale colui che ne conosce la logica, la piega ai suoi fini sapendo che il palcoscenico prevale sempre sul retroscena, purché attore e regista sappiano quello che fanno e come lo fanno. Il segreto, che non è poi tanto segreto, sta sempre nei contenuti, la forma è semmai il mood, il brand, la firma. O, se vogliamo, lo stile, che è mancato clamorosamente ai Borghezio ed ai Salvini, per non dire di Grillo le cui battutacce sui soldi alla mafia lo rendono infinitamente diverso dall’alleato Farage e, invece, pericolosamente simile agli scalatori dei vetri di un teatrino consunto, risaputo, alla frutta.
A proposito di fatti europei, non ne può sfuggire uno, che conta, eccome. Ed è la nomina a capogruppo del Pse dove è stato eletto l’italiano Pittella, un socialista doc e deputato europeo preparato, che il premier ha voluto al posto occupato da Schulz e prima ancora da Svoboda. Una scelta politica importante per un posto strategico, che conta, che il neocapogruppo sa come far contare, come s’è visto fin dalle prime battute sapide col collega tedesco del Ppe. Pochi hanno notato che questa mossa renziana è stata in un certo senso estrapolata dal “pacchetto” di nomine in fieri. Passando, come si dice, de plano. Il bello è che, per ottenerla come una sorta di atto dovuto, si è fatto di necessità virtù, utilizzando proprio il backstage, ovvero il pettegolezzo sul totonomine, compresa l’ipotesi di una Mogherini catapultata in Europa dove peraltro conterebbe come il due di picche, vero lady Ashton? Ma ancora una volta i contenuti hanno fatto la differenza. È la politica, bellezza.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20