
La “Vespizzazione del Vaffa”, la titanica eppur sorridente operazione di smontaggio e di rimontaggio di un tabù e, infine, la reductio ad unum di un lupo solitario che lascia i feroci propositi - carcere e lupare bianche per tutti i politici - per pascolare insieme alle pecorelle. È il dopo l’oltrismo hitleriano (ma cosa c’è oltre l’Hitler grillesco se non - come ammonisce una preoccupata comunità ebraica milanese - il risveglio di pulsioni nefaste?) e il dopo l’invocazione di nuovi patiboli in piazza.
Anche questa ci toccava di vedere: la mutazione di un gene, la trasformazione di un totem, la sua riduzione all’altro con l’emulsione di un diverso che, nel Paese delle meraviglie, è simile a tutti. La potenza del medium traduce la poesia nella prosa, adatta lo strabiliante “Alien” al modello più gradito, più diffusamente accettato. Ma il medium in questo caso non è il messaggio, è il conduttore; è il sovrano vero che presiede alla cerimonia del salotto, come avvenne con Silvio Berlusconi con la firma del contratto (ma l’idea era del sempre geniale Crespi che alla stessa ora, da Corrado Formigli, indicava, lucidamente politico, un ritorno obbligato del pactum Renzi-Berlusconi, con Grillo tagliato fuori) e si ripeté col casalingo risotto di Massimo D’Alema e col cagnolino di Mario Monti.
Renzi, se ce la fai, inventane un’altra, di terza camera vespiana: meglio il pomeriggio della D’Urso se il Cavaliere, di mattina, ha già messaggiato di brutto contro Beppe l’assassino e l’evasore. Bruno Vespa il conduttore delle coscienze e l’altro, gli altri, i leader che s’adeguano. Tutti. E dunque, anche il Grillo sparlante. Siccome la tivù è in se stessa entertainment e vagamente infotainment, lo stesso leader genovese, che di per sé è l’accademia del cabarettismo politico, si trova nella situazione ottimale per dare il cosiddetto meglio. Questo sa il conduttore. E questo si aspettano gli utenti. Ma cosa accade nel salotto? Che cosa si verifica, talché ne possiamo toccare con mano la sostanza? Che questa sostanza, il vero delle cose, la loro essenza, non c’è più. Proprio come era accaduto col Casaleggio Pontifex, ecco che la sostanza delle cose si vanifica, le risposte si sperdono per altre strade, le proposte si interrano nelle più bieche ripetizioni del già detto e ridetto. E le domande? Certo, a rispondere sono capaci tutti, ma per domande comme il faut ci vuole un genio, o un “mestierante” geniale, come Vespa. Perché, alla fin fine, è l’audience che conta. E quando arriva, basta e avanza. Per davvero? Le cose stanno così? La loro sostanza è percepita? Macché. Abbiamo assistito alla perfetta perversione, la quale consiste nel tramutare il bene in male nel nostro caso, a trasformare un’occasione politica in una diversione spettacolare in cui il bene, cioè la proposta, è tradotto nel suo rovescio e il programma è esaltato nella sua assenza.
Grillo il buono doveva essere il messaggio, il diverso da prima, il propositore di un sogno. Grillo’s dream, si capisce. Ma di che sostanza sono fatti i suoi sogni? E di che linguaggio? Il castello di Lerici trasformato in galera, i processi on-line per i ladroni della Polis, delle banche, del giornalismo. E il contagio del suo linguaggio che, orrendo come la peste moderna, ammorba diffondendosi nelle case (come la sua) e sulla bocca di ciascuno, insieme, si capisce, all’offerta mirabolante del Paese dei balocchi, il novello Italian dream: soldi per tutti, i miliardi necessari escogitati come col Bingo, la Expo chiusa per tangenti, l’Euro stracciato col ritorno alla lira.
Eppure, anche la performance del pifferaio di Hamelin, possiede un suo fascino - ovviamente perverso, ma per lui - nella misura con la quale è riuscito a renderne possibile un approccio critico, un giudizio più preciso, una percezione (la perception politique come la chiamava Mitterrand) più completa e, dunque, più severa; basta guardare la vignetta di Giannelli, o leggere il sunto del formidabile Dagospia o i commenti di esperti non schierati dalla stessa parte, ma tutti convinti che quel sogno in vendita si capovolgerebbe in un incubo. Resta da capire la convinzione degli elettori. E se la “vespizzazione del vaffa” aiuta, basta aspettare.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23