
Si può e si potrà dire tutto dell’Expo, fuorché sia (o sarà) un flop organizzativo. Anche su questo lapalissiano e visibile assioma, Beppe Grillo ha fatto la solita figuraccia del guitto sparlante. Per soprammercato, in mezzo quattro gatti: i suoi. Sì, perché i fans, raccolti a Milano nelle vicinanze dell’Expo e del parco delle Cave per sbraitare contro l’iniziativa mondiale, voluta fortemente (non dimentichiamolo) da Letizia Moratti, hanno fatto la figura dei cioccolatai inanellando una serie di sconcertanti banalità che raramente ci era capitato di ascoltare.
Il Palmares è andato al pallone più gonfiato della congrega, quella sorta di aerostato sporco, sudato, brutto e cattivo che le spara contro tutto e tutti, compresa l’innocente cittadina di Rho/Pero (luogo deputato dell’Expo 2015) classificata (fra le urla) come irraggiungibile, sperduta e cementificata, e che si è ribellata ai microfoni della “Zanzara” dalla cui cattedra è provenuto, al gruppetto di demagoghi ignoranti, il voto inappellabile sotto il segno della conclamata “stupidità”. Quando ce vò ce vò… In realtà, se si vuole capire che cosa rappresenta fin da oggi l’avventura dell’Expo, occorre ascoltare e leggere le voci di quanti, più che degli slogan, hanno a cuore l’interesse socioeconomico espositivo sia dell’iniziativa, sia dei fruitori e sia della città ospitante.
Ecco perché in certe puntate della sempre arguta e interessante trasmissione “La versione di Oscar” (Radio 24), Giannino con il suo stile comprensibile che non esclude, nella semplicità dell’esposizione, la complessità dei contesti economici e politici e relative osservazioni - ci sia consentita una personale recriminazione sulla sua ingiustissima, proditoria e nichilista esclusione dalle elezioni dello scorso anno - troviamo sempre il filo di Arianna capace di non farci smarrire dentro uno dei più grandi e fruttuosi eventi del prossimo anno, quello da cui dipenderà, in larga misura, la possibilità di fuoriuscita dalla lunga crisi, anche psicologica, del Paese. Nella narrazione dell’Expo 2015 - che per coloro che non vivono in Lombardia sembra più una telenovela che un dato reale; sembra, ma non è - non possono non rientrare i timori che fin dall’inizio dell’avventura si erano affacciati. Se ben ricordo, sia l’allora ministro degli Interni che il sindaco, un efficace Maroni con la Moratti e, ovviamente, l’attuale ottimo direttore generale Sala, avevano indicato i rischi delle infiltrazioni criminali negli appalti, nei subappalti e quant’altro.
Ma l’impressione che si ha oggi è che, e ne è la prova la figuraccia grillina, la situazione è sotto controllo, in virtù anche di una trasparenza di atti, norme, scelte e decisioni che garantiscono se non un massino almeno uno standard civile di cogente attenzione. Su questi temi Andrea Bosco ha sviluppato sul Corriere della Sera un lungo ragionamento, che i nostri lettori e spettatori milanesi ben ricordano. Bosco, che è stato per lunghi anni cronista attento e soprattutto uno dei migliori testimoni Rai Tv di una cultura viva e feconda immessa nel contesto della cronaca, ha invitato chi di dovere a tenere gli occhi aperti su quanto si sta preparando in quel di Rho, che poi è in gran parte Milano - perché Milan l’è on gran Milan! -insistendo non solo o non soltanto sui pericoli delle infiltrazioni della Spa mafia/’ndrangheta, quanto su un aspetto per così dire minore, forse marginale, ma non da sottovalutare. Ovvero sulle frequenti e a volte devastanti invasioni di una piccola criminalità che si nutre di graffitari, delinquentelli, ladri e scippatori. La guerra alla bomboletta spray, ai ladruncoli di gasolio, ai furtarelli di macchinari dell’immane cantiere, agli scippatori occasionali ma fruttuosi dell’altrui portafoglio. Quella piccola umanità, cara alla scapigliatura milanese dell’800 e ben nota alla Questura e ai pizzardoni ma pur sempre, dato il secolo, molto meno pericolosa dell’attuale, benché più pittoresca.
Qui ed ora, intorno all’immane set in fieri dell’Expo, nidificano gli antropomorfi uccelli predatori di una diversa umanità che Bosco indica, soprattutto, in quegli ambiti di degrado metropolitano in un mix di rom, di imbrattatori venuti anche dalla Spagna, di tag insultanti le nuove carrozze della Metropolitana Lilla, le bravate di teppistelli e, last but not least, di un’umanità alla deriva, di mendicanti, ambulanti, poveracci, venditori di qualcosa attratti dalla Metropoli ma, soprattutto, dall’evento. Nulla di irreparabile, anzi. E tuttavia: “Il guardie e ladri che si combatte attorno a Pero-Rho non è un film con Totò. E l’obolo di una episodica moneta non può bastare. Serve un piano: fatto di solidarietà. Ma anche di prevenzioni. Leggi vigenti permettendo”. Ben detto. Se non ora, quando?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21