Governi tecnici, è ora di dire basta!

Dopo averlo visto dalla Gruber, chiudendo una lunga, troppo lunga fase di silenzio e di sparizione dagli schermi, Enrico Letta non è cambiato. Diciamoci la verità: l’ultimo Letta, come del resto il penultimo, ha dato l’impressione del Premier asettico, incapace di soffrire, di ridere, di piangere, insomma un tecnico. Questa impressione, ridiciamocelo, è a dir poco deludente. Sia perché Letta era un politico allevato alla scuola della Dc di Andreatta, sia perché, prima di salire al trono di Palazzo Chigi, era il vicesegretario di Bersani, ricopriva cioè un ruolo assolutamente politico.

Appena sedutovi, ecco che è cominciata la mutazione genetica e, in breve, da politico il Governo Letta, nonostante condanne, scissioni da larghe a piccole intese, leggi di stabilità e ripresine – tutti snodi politici – da Esecutivo politico si è tramutato in Governo tecnico. I perché sono diversi, fra cui la forzata necessità di distinguersi dall’accorrente e incombente Renzi, le cui Primarie hanno segnato la maggioranza e, secondo molti, il destino dello stesso Letta per via dell’Opa irresistibile lanciata sul Governo. E da cui Letta ha cercato di salvarsi diversificando il proprio ruolo, cioè mutandolo.

Ma il passaggio è stato peggiore del male da curare: i tecnici al Governo sono diventati così un Governo dei tecnici, nell’illusione di difendersi dalle bordate della politica. Col risultato che queste ultime hanno mostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, che un governo tecnico è sempre (dicesi sempre) inferiore all’ultimo dei governi politici, a parte i momenti di emergenza che, tuttavia, sono stati sempre (dicesi sempre) di brevissima durata. Il problema italiano è che da anni, cioè dal 2011, abbiamo i tecnici al potere, da Mario Monti (nella foto) a Enrico Letta, un tempo troppo lungo - già quello di Monti ci parve infinito - per non svelare il loro duplice vulnus: alla democrazia tout court e alla politica.

In realtà hanno avuto tutto il tempo di dimostrare che non sono all’altezza della situazione e delle attese. Lasciamo stare gli errori montiani che avrebbero dovuto insegnare qualcosa al successore. Quelli di costui non solo hanno il torto di essere venuti dopo, ma di aver insistito negli sbagli ovvero nelle delusioni che furono allora della Fornero e che sono oggi dei vari Giovannini, Moavero e, soprattutto, del supertecnico Saccomanni, del quale si ricorderanno per sempre (dicesi per sempre) le figuracce (per non dire delle altre) su Imu, Tares e relative code infinite di cittadini disperati per via della confusione creatasi per la disattenzione del responsabile.

Che però si difende o viene difeso perché grande tecnico: di Bankitalia, grande protetto di Draghi nonché del Premier se non del Colle. Di certo è un bravissimo tecnico, ma che c’entra con la politica? E gli altri, il Giovannini, che pure è stato un ottimo presidente dell’Istat, che ha realizzato salvo proposte vaghe o generiche? Nulla. Dopodiché ha avuto e ha buon gioco Renzi a fremere contro questo Governo del nulla, contribuendo a consolidare nella gente normale che, se tanto mi dà tanto, è meglio (molto meglio) un Governo politico, chiunque ne sia il capo, meglio se lui, a sentirlo (e si capisce…).

Peraltro, i limiti di Letta, che pure ha delle qualità indubbie ma non in questo ruolo, sono emerse proprio nell’ultimo talk a La7, laddove si è lamentato nei confronti di Renzi e del suo accordo (di ferro) con gli altri due, su due questioni: quella delle preferenze e la legge, da fare adesso(!) sul conflitto d’interessi. Due argomenti che l’accordo fra Renzi, Berlusconi e Alfano ha volutamente escluso. Perché parlare delle due vicende, soprattutto di conflitto d’interesse hic et nunc, è un grave errore politico.

E anche per le stesse preferenze, che, a quanto pare, Alfano vorrebbe reintrodurre insieme ad altri minori e minoranze. Ma ne siamo così certi? Siamo cioè proprio sicuri che ad Alfano come ai due capi partito interessino le preferenze? Io non ci giurerei. Perché Alfano, per non dire degli altri due, è un segretario politico (che dentro di sé preferisce nominare...) che fa politica. Letta, invece, il tecnico. E si vede.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20