La lezione di Concita e quella di Alfano

Non so cosa ne pensi il Brunetta che monitora i programmi della Rai Tv. Eppure, c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole della sinistra televisiva, nella sua brillante luce della Terza Rete: “Non di solo pane” con la mitica Concita De Gregorio, trasmissione che si incastona come una perla preziosa nell’ampio collier in cui spicca, anche per bravura professionale, Bianca Berlinguer che pane e politica masticò fin dal passeggino.

La Concita, che è brava e bella ma soprattutto di sinistra, (L’Unità, Repubblica, ecc.) fa della sua trasmissione, peraltro ottimamente curata, una palestra educativa in chiave progressista e nel solco gramsciano. L’altra sera, ad esempio, parlando di Machiavelli e del “Principe” con Viroli e una classe di alunni presente, ha fatto il gioco della torre; ovvero: quali politici il “Principe” butterebbe giù dalla torre? Tutti, da Amato a D’Alema a Violante a Dell’Utri (sic!). E chi salverebbe il Machiavelli tramite il suo ventriloquo in studio? Ovviamente: Enrico Berlinguer, presente in video parlando di questione morale (ma non di legami, di varia natura, con il Pcus e l’Urss).

 Applausi, dissolvenza, fine. Nulla di illegittimo, per carità. Semmai un invito a fare su altre reti, a cominciare da quelle del Cavaliere, programmi analoghi che intervengano nel dibattito storico culturale, che parlino di comunismo, di liberalismo, di socialdemocrazia, di cattolicesimo, insomma che sviluppino un processo conoscitivo politico entrando nel dibattito delle idee evitando scrupolosamente noia e ingessature.

Programmi che pure si intravedono ma che restano appiccicati all’attualità, alla rissa, al talk di voci sovrapposte, alla piazza del mitico Poletti col Del Debbio che cerca di domarla. E chissà che ne sarà del duo Cruciani/Parenzo in arrivo su Rete Quattro direttamente da quella “Zanzara” che si è imposta proprio per la sua anarchica strafottenza sempre più come trasmissione politica, pur proclamandosi libera da condizionamenti partitici, sebbene con un Parenzo che non nasconde le proprie radici, non certamente di destra.

Che è poi il lievito della Zanzara. Vedremo, ma siamo fiduciosi. Lo siamo invece meno riguardo a ciò che hanno in mente quelli del Pdl, ramo governativo ma non solo. Stiamo parlando di politica. È lecito chiedersi e chiedere che cosa pensino, complessivamente il gruppo dirigente, quelli che la Gelmini, su “Il Foglio” chiama l’élite, aggiungendo di suo una serie di postulati più o meno aggressivi, che invece di spiegare cosa pensa lei, che pure è stata ed è classe dirigente berlusconiana, attacca presunte tentazioni centriste della nuova maggioranza facente capo ad Alfano.

 Per carità nihil sub sole novi, siamo uomini di mondo e conosciamo le polemiche criptocongressuali alla Fitto il quale, risvegliatosi da un lungo letargo, chiede nientepopodimeno che un nuovo congresso, previo annullamento delle cariche. Per un Pdl che non fa congressi (veri) da vent’anni è una strabiliante notizia. Da uomini di mondo vogliamo però porre a questi homines novi (si fa per dire perché sono sempre gli stessi delle porte girevoli del Grand’Hotel Arcore) un quesito piccolo piccolo: che cosa pensate di fare del Pdl? Che tipo di Pdl volete? Che programma avanzate? Quale orizzonte offrite a voi e al Paese? Quale giustizia, dopo i numerosi fallimenti ventennali?

E, soprattutto rivolgendoci a Quagliariello, uno dei pochi in Parlamento che conosca a fondo il peso e il significato della parola “riforme istituzionali”, quale veste istituzionale, elettorale, costituzionale scaturirà prima o poi? Il bello, anzi, il brutto, del Pdl e prima ancora di Forza Italia, è che tutti, indistintamente , si proclamano liberali ma anche liberisti, libertari ma anche solidali, laici ma anche no (caso Englaro docet!) e così via.

Originariamente, dal 1994 in poi, il Cavaliere offrì FI come il partito liberale di massa, meno Stato e più mercato, meno tasse per tutti, una giustizia giusta, meritocrazia e non burocrazia e via migliorando. La rivoluzione liberale promessa è fallita, il nuovo che avanza è diventato vecchio, lo stesso bipolarismo/Porcellum ha fatto flop, le riforme sono di là da venire.

 Non è questa la sede per cercarne i colpevoli. In questa sede è lecito tuttavia chiedere uno stop all’intero gruppo dirigente del Pdl, che comprende, ovviamente, il Cavaliere che, grazie ad Alfano e Cicchitto, e sia pure in extremis, si è accorto dell’errore irreversibile di una crisi di governo al buio. Che si smetta cioè di parlare a vanvera di tutto e di tutti, di democristianeria in agguato, di galleggiamenti in paludi parlamentari (Gelmini), di obbligatorio rafforzamento del bipolarismo. Ecco, questa del bipolarismo fa da pendant al liberalismo (rivoluzione liberale) nel senso che il fallimento di entrambi è sotto i nostri occhi, è il lascito sgualcito di un ventennio sprecato.

Di quale bipolarismo si vorrebbe rafforzare lo spirito, come vogliono alcuni del Pdl, se ci troviamo di fronte alla sua catastrofe accelerata dal Porcellum? Il bipolarismo, tra l’altro, lo incarnava Berlusconi nel 1994. Ma oggi? E poi lo dice la parola stessa, prevedeva due poli se non addirittura due partiti. Ora sono tre e quasi quattro con Monti/Casini. E vogliamo rafforzare un sistema che non c’è più nelle cose? Alfano, ma di che stiamo parlando? Fallito il bipolarismo, è lecito o no parlare di proporzionale. Alfano, lei che può, promuova, se non nel Pdl, almeno in televisione, un bel dibattito, ma di quelli alla Concita con una spruzzata di Zanzara e tanta, tanta verità sul fu bipolarismo. Almeno, provateci.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:49