
Le dimissioni di Benedetto XVI? Non un segno di debolezza, della persona o della Chiesa ma un gesto di discontinuità che porta inevitabilmente ad un cambiamento positivo. L'arresto del Presidente di Finmeccanica? Non la decapitazione della principale azienda pubblica nazionale con una motivazione che impedisce ora ed in seguito alle aziende del gruppo di operare in quelle aree dove le tangenti sono un costo promozionale indispensabile? Non un atto che mette in estrema difficoltà la Finmeccanica rispetto alla concorrenza straniera e crea le condizioni per la svendita a spezzatino con inevitabili conseguenze dolorose sull'occupazione. Ma una svolta positiva che riporta moralità e virtù nel settore pubblico del paese del malaffare. La paralisi dell'Ilva di Taranto? Non un colpo mortale al secondo impianto siderurgico d'Europa da cui dipende il lavoro e la vita di circa centomila lavoratori italiani. Ma l'avvio di un processo destinato nel tempo a risolvere il problema dell'inquinamento ed a tutelare la salute degli abitanti del Quartiere Tamburi che magari finiranno in cassa integrazione e dovranno tirare la cinghia ma almeno potranno respirare a pieni polmoni.
L'elenco potrebbe andare avanti a lungo. Sono interminabili gli esempi di come vicende dall'inevitabile significati negativo vengano trasformate in segnali di cambiamento, che essendo tale, non può che essere positivo. Ma proprio perché l'elenco è diventato interminabile bisogna incominciare a prendere atto che il fenomeno non è altro che una tragica mistificazione della realtà fondata sul pregiudizio ideologico secondo cui ogni cambiamento è proiettato sempre e comunque verso le “ magnifiche sorti e progressive”.
Può essere che le dimissioni del Papa aprano una stagione di innovazione nella Chiesa introducendo, come i progressisti chiedono, la fine del celibato, il sacerdozio per le donne, il consenso ai matrimoni gay e , soprattutto, una nuova organizzazione democratica del cattolicesimo romano. Ma chi non capisce che una istituzione fondata sulla teocrazia deve essere per forza autoritaria e non democratica è destinato a subire la stessa disillusione di chi credeva che le primavere arabe avrebbero portato la libertà ed hanno dovuto amaramente registrare che ha solo prodotto più fondamentalismo islamico. In sostanza, le dimissioni del Pontefice sono un segno di declino. Così come la decapitazione di Finmeccanica, la paralisi dell'Ilva, lo sconvolgimento giudiziaria dell'intera vita pubblica nazionale non sono tappe significative e sfolgoranti lungo la strada della moralità e la virtù ma sono i gradini in discesa che il nostro paese va percorrendo in direzione di un baratro da cui sarà difficilissimo risalire.
La campagna elettorale avrebbe dovuto ruotare attorno al tema dominante dello smascheramento dalle false illusioni. Perché all'indomani del voto, quando dalla virtualità mediatica delle promesse mirabolanti fatte dai leader di tutti i partiti si dovrà obbligatoriamente passare alla realtà dei problemi, ci si renderà conto che i cosiddetti cambiamenti, soprattutto quelli provocati da un giacobinismo giudiziario ormai incontenibile, sono destinati ad aggravare e non a migliorare le già gravissime condizioni di crisi del nostro paese. Per i fautori del “tanto peggio, tanto meglio” è probabile che queste siano “le magnifiche sorti e progressive”. Per gli altri sono l'anticamera di una rottura traumatica della società italiana che potrebbe sfociare, come già avvenuto in passato, in una trag
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51