
Non è un nuovo Ulivo. È un nuovo Ulivetto. Dove al posto dei Diliberto, Pecoraro Scanio, Turigliatto e Bertinotti c’è solo Vendola. Ma il risultato è lo stesso. Qualunque coalizione di governo possa essere formata dall’Ulivetto avrà, comunque, la stessa sorte capitata all’Ulivo di Romano Prodi : l’esplosione in mille pezzi. Il messaggio che le recenti polemiche tra Monti e Bersani sulla accettabilità o meno di Sinistra e Libertà in una coalizione di governo formata dai centristi e dal Pd rivolgono inconsapevolmente verso il corpo elettorale è fin troppo chiaro. L’ipotesi di una alleanza che parta da Casini ed arrivi fino a Vendola non solo è del tutto realistica ma se anche potesse in qualche modo concretizzarsi produrrebbe solo sconquassi ed ingovernabilità. Non a caso Monti invita Bersani e sbarazzarsi prima possibile del suo inaccettabile alleato. Perché si rende conto che l’unico modo di assicurare la sopravvivenza di un governo caratterizzato dalla presenza dell’Ulivetto sarebbe quello di non prendere alcuna iniziativa di stampo riformista. Al primo sentore di una qualche riforma non fittizia ma reale la coalizione governativa salterebbe per aria. Ed agli occhi di quell’Europa del Nord a cui il Professore tiene tanto, il responsabile del botto destinato a provocare l’ingovernabilità del paese sarebbe lo stesso Professore.
Ciò che Monti non ha calcolato, però, è che la sua richiesta a Bersani di affrettarsi a rompere il legame con Sel mette in grave difficoltà il Partito Democratico ed il suo segretario. Come può chi ha vinto le primarie del proprio partito grazie all’alleanza con Vendola e che ha puntato sullo stesso Vendola per tenere a freno la pressione del “nemico a sinistra” rappresentato da Antonio Ingroia, liberarsi del governatore pugliese senza irritare e deludere una parte del proprio elettorato e regalarlo alla concorrenza dei giustizialisti e di Beppe Grillo? Può anche essere che in cuor suo Bersani arda dalla voglia di scaricare Vendola. Ma se non vuole perdere le elezioni durante lo sprint finale non può fare a meno che difendere a spada tratta il povero Nichi ed annunciare ai quattro venti che non si piegherà mai alla inaccettabile pretesa del Professore. Il risultato di questa recita a soggetto è duplice.
Da un lato la distanza tra centristi e Pd diventa sempre più marcata e rende sempre più problematica l’ipotesi di un governo di sinistra-centro nell’avvio della prossima legislatura. Dall’altro gli elettori del centrodestra ancora incerti se tornare a votare per il Cavaliere scoprono di avere uno stimolo in più per turarsi il naso e sostenere lo schieramento avversario di quel centro e di quella sinistra incapaci , per loro stessa ammissione, di dare un governo stabile al paese. Può bastare l’errore di Monti a favorire la “reconquista” berlusconiana? Probabilmente il Cavaliere non riuscirà a realizzare il tanto evocato “sorpasso”. Ma è assolutamente certo che, grazie alla spinta delle polemiche tra Monti e Bersani e tra Vendola e Casini, le probabilità che nel nuovo Senato il centrosinistra non abbia la maggioranza diventano decisamente alte.
Che potrebbe succedere se tutto questo dovesse verificarsi? Monti ha già incominciato a parlare della eventualità di riesumare la grande coalizione . Ma mentre il Professore punta all’ingovernabilità per tornare a Palazzo Chigi come il punto di equilibrio tra destra e sinistra, qualcuno incomincia a fare dei calcoli diversi. Ed a scoprire che se i sondaggi venissero confermati il Pd potrebbe fare maggioranza non con i centristi ma con la sinistra estrema di Ingroia. Magari con l’appoggio esterno o con il sostegno dichiarato del Movimento Cinque Stelle. Chi l’ha detto , infatti, che Beppe Grillo sia votato a restare a vita all’opposizione? E se decidesse il contrario? Magari per precedere e sterilizzare il prevedibile tentativo di Bersani di convincere i neo-parlamentari di Cinque Stelle a sostenere un governo di sola sinistra a colpi di poltrone di sottogoverno?
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:32