I ripetuti, quasi ossesssionanti, richiami del Quirinale alle forze politiche sui diversi temi, in primis, sulla legge elettorale, rivelano ciò che alla politica è nascosto da anni, mostrano una verità elusa, svelano il mistero: della loro perduta identità. O della loro stessa ragion d’essere.Sono richiami assolutamente politici che, tuttavia sembrano come scoprire un passato lontano, remoto, quasi arcano, il tempo cioè in cui le parole erano precise, forti, chiare perché avevano riferimenti chiari e incontrovertibili, ovvero i partiti e, dietro questi, se non dentro i partiti stessi, delle idee precise, forti, da combattimento e da governo. Le parole avevano un senso perché la politica possedeva quella capacità di avvincere e di convincere proprio perché ogni partitio aveva un’dea del paese, del mondo, della storia. Se oggi dovessimo chiedere al Pdl o al Pd, all’Udc o a Sel (l’Idv è il dipietrismo più il grillismo = giustizialismo) che paese ipotizzino, che futuro propongano, che idea rilancino e quali progetti sostengano per l’Italia che verrà, ascolteremmo borbottii sul liberalismo condito di decisionismo, gargarismi sul progressismo, ideuzze sul cattolicesimo liberale, slogan straconosciuti sulla ecosostenibilità.
Su tutto, l’assordante chiacchiericcio pseudopolitico, simile a un pavone cangiante e coloratissimo, ovvero il sistema elettorale preferito: ed ecco il maggioritario da non abbandonare, il proporzionale da non scartare, sia pure con lo sbarramento, le preferenze da non buttare e, ancora, il semi-presidenzialismo, il doppio turno, il premio di maggioranza o di partito, collegi alla spagnola, senato federale e via elucubrando. Mettono il carro davanti ai buoi, in una sarabanda di proposte e controproposte al fondo delle quali l’ottimo Napolitano ha scorto, e non era tanto difficile scorgerlo, il cattivo genio del lasciamo le cose così, teniamoci il porcellum, e...amici, o nemici, come prima. E’ chiaro e lampante che così impostato, senza cioè un rilancio dello sforzo progettuale di ciascun partito rispetto al proprio paese, il tema della riforma elettorale, meglio, del sistema elettorale, finirà in archivio. Ma c’è un ma, grande come una casa. E lo hanno ripetuto in tanti, compresi alcuni nei diversi schieramenti consapevoli che il Porcellum è una delle grandi cause dell’attuale degrado e astensionismo.
Sia per la concessione ai boss partitici della facoltà incontrollata di nominare chiunque in Parlamento sottraendo all’elettore la libertà di scelta del proprio candidato, sia quello spropositato premio di maggioranza che lungi dal garantire la stabilità ha favorito scissioni,gruppuscoli, ricatti e destabilizzazioni, condite di ruberie e di mirabolanti rimborsi di cui il caso Belsito e Lusi sono la punta di un iceberg ben più gigantesco. Ed è infatti contro questo iceberg che è andato a schiantarsi il Titanic Italia, salvato, per ora, da Napolitano con un governo extraparlamentare che esegue la lettera della Bce dell’agosto scorso (governo Berlusconi). Una salvezza pro tempore, come si sa, che tuttavia sta ingannando i protagonisti, sia con l’ipotesi non del tutto sbagliata, del governo presente e futuro di larghe intese tipo Grosse Koalition, sia con la speranziella del Pd di vincere a mani basse nel 2013 graze al sopravvisuto Porcellum, con alleanze variabili ora con ora senza Casini.
Tutti, o quasi, se si eccettua il giovane e intelligente Renzi che ha sfoderato un suo programma fatto non solo di rottamazioni ma di progetti antichi e futuri a volte in chiave blairiana se non craxiana, sembrano catturati dallo sforzo di inventarsi un sistema elettorale ad personam. E i programmi, e le idee, e i progetti? Così, tanto per dire: il Pdl di Alfano e soci, che ha a che fare con il Dna prodotto da una leadership storica, che Italia vuole? Che idea di paese ha? Quale Europa intende promuovere? Quale pogettualità ha in serbo su cui mobilitare il corpo stanco e deluso del centro destra? Dove è finito lo spirito liberale, di cui questo giornale e il suo direttore, hanno quotidianamente richiesto il rilancio? Si ritorni ai fondamentali, verrebbe voglia di dire, anche se la stessa parola “liberale” è stata così sbadatamente bistratta dal mai nato partito liberale di massa...
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:29