Italia, il peggior incubo kafkiano

Si salvi chi può! C’è la trattativa stato-mafia: che non è uno scherzo, anzi. Lo stato che tratta con la mafia, lo stato, ovvero suoi rappresentanti illustri, che trattano con gli assassini, i sanguinari bombaroli, gli scioglitori di bambini nell’acido. Trattativa che lambisce alti, altissimi personaggi, entra nei palazzi, scivola nelle stanze segrete, giunge fino ai giardini... del Quirinale. Sì, quello del colle, dove il telefono la tua voce, è ascoltato dalle cimici messe, però, sul telefono di chi chiama, ci mancherebbe altro. E chi chiama? Perbacco, un ex di lusso, un personaggio insigne: un ex vice presidente del Csm, un ex presidente del Senato, un ex ministro degli Interni. Parla con l’alto dignitario, ma ha un tono preoccupato, ansioso, quasi ansimante e ripete le telefonate quasi come a ricercare una calma che ha smarrito, una risposta che lo plachi, una linea d’ombra dopo la grande paura.

Paura? E di che? E di chi? E perché? Perché l’hanno sentito quelli di Palermo, che già le due parole, soprattutto quel “quelli” fa paura, evoca faldoni, tribunali, delitti, tritoli, e suscita angosce, inchieste, processi. E Santoro in tv e la mafia, la mafiaaa, la mafia no. Che ho fatto, non sono e non mi sento colpevole, non sono neppure indagato, non sono nemmeno avvisato, non posso essere intercettato. E, dunque, che temo, di che ho paura, cos’è questo affanno? Come in un racconto di Kafka... Perciò cercava un porto di serenità, una linea d’ombra, tramite le voci su quella linea intoccabile e venerata di quel porto franco... invece, dopo, aveva capito: niente porto della serenità, niente linea d’ombra in quelle iterate chiamate e risposte: prudenza, delicatezza, al massimo una lettera dell’inquilino, ma semplice semplice, anodina, cioè correttissima. E quell’angoscia che cresce sempre quell’ansia di non sapere e soprattutto di non capire... e poi ci sono altri, vivi e morti, ex presidenti, ex ministri di altre stagioni, che dico, altre epoche, altre repubbbliche... il tempo che passa e che è passato, invece non passa mai in queste faccende in cui un probo novantenne viene inquisito e due ex ministri parlano di quella cosa là, la trattativa e che trattativa, e poi dopo la morte di Falcone e di Borsellino che si autoproclamava un morto che cammina da cui l’agenda rossa smarrita, le manifestazioni del popolo viola, delle gente infuriata che vuole sapere, capire, giudicare... in piazza. Ecco, appunto, la piazza, la gogna le urla in Tv e i giudizi sommari... mentre parlava col colle queste immagini gli si sommavano in mente gli si complicavano come in un groviglio di serpi,di pruni,di fili di ferro nello stomaco....e quel passato che non passa,quel ritornare a un punto di partenza,sempre,magari ripartendo dall’ultima inchiesta conclusa con sentenza definitiva ma di lì a poco riaperta, in altre sedi.

Perché? Perché: i depistaggi, i pezzi di stato criminale, i pour parler con la mafia, con gli assassini, cioè, cioè, e ancora e sempre la trattativa stato mafia... e le cimici che intercettano e registrano, operose ed indifferenti alle angosce, alle paure, ai timori e agli oscuri presagi... e le masse di popolo che vuole la verità e nessun bavaglio... e la parola d’ordine delle urlate contro lo stato complice degli assassini, con il grido, e lo striscione più forte e chiaro: intercettateci tutti! Così è stato, ed è... fin dentro i sacri palazzi quella sacra voluttà di sapere, di scoprire, di sentire. E di sospettare. Ma sentire cosa, poi? Parole frenate, discorsi vaghi, risposte gentili...eppure, eppure, quell’angoscia che non si placa, e quel groviglio di pruni che sta sempre nel ventre e si agita e tutto un sentimento da incubo, nella notte che non finisce mai, che diventa ancora più indecifrabile perchè si interiorizza, ti avvolge nelle spire che tolgono speranza e fiducia, aggiunge paure, e scende sempre più giù nell’animo, in quella “noche obscura de l’alma” che grida soffocata una tua solitudine inascoltata e dolorosa, dove ben presto s’installa il dubbio, s’annida il dubbio tragico e fatale: su te, a proposito di te stesso... e il sospetto nuovo, cioè l’autosospetto che coltivato dalle paure è ormai cresciuto dentro come una gramigna imbattibile, te lo  senti salire in gola, ed è come volessi liberartene... Eccolo, il sospetto che di te parla,della tua colpa che nascondevi... è lo stesso che  li ha mossi, e che  muove quelli  che ti ascoltavano in quel filo che saliva fin lassù in quell’ambito sempre pensato intangibile, sacro, ombrato come, appunto, una linea d’ombra... fino alla sua vittoria,non la tua... La vittoria del sospetto come anticamera della verità... il sospetto - non la colpa e nemmeno la prova e tanto meno un indizio - ha prodotto il “pass par tout”, la chiave d’accesso, la password... che poi chiamano cimice, cioè intercettazione. E fuori, nella notte, la più oscura dell’anima, risuona lontana eppure avvertibile e chiara tanto da scuoterti dentro quell’intercettateci tutti. Il loro grido, diventato tuo, come una liberazione.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:31