La tempesta perfetta, parla il presidente di Fermerci

Il settore del trasporto su rotaie si prepara a un 2025 pieno di sfide. Una corsa a ostacoli per superare 12 mesi in cui gli interventi strutturali per modernizzare le infrastrutture ferroviarie italiane ridurranno drasticamente la mole dei trasporti, è questa l’obiettivo di Fermerci, la principale associazione di operatori nel trasporto merci. In quest’ambito, L’Opinione delle Libertà ha avuto il piacere di intervistare il presidente dell’organizzazione, Clemente Carta.

Presidente Carta, per iniziare le volevo chiedere da quanto tempo l’associazione Fermerci tutela gli interessi degli operatori nel trasporto ferroviario?

Fermerci è un’associazione molto giovane. È nata nel luglio 2022, quindi è da due anni che ha iniziato questo tipo di attività con una notevole raccolta di consensi del comparto. Da nove soci fondatori che sono i big player del settore, tra cui Mercitalia logistics, Medway, Medlog del gruppo Msc merci, Hupac, Rail Cargo Italia – che sarebbero le ferrovie austriache merci in Italia – siamo arrivati da nove a 65 associati.

Qual è all’incirca l’indotto del settore rispetto al Pil italiano, o comunque che fetta dell’indotto ricopre in Italia?

Allora noi possiamo dire che è una modalità di trasporto che è direttamente collegata al Pil, quindi direttamente collegata alla produzione di beni e servizi, perché noi trasportiamo merci industriali e quindi se il Pil “va male” noi andiamo male. Siamo un settore a domanda derivata. Quello che posso dire è che occupiamo circa 12mila addetti, come fatturato tre miliardi di euro e investimenti per circa due miliardi, molto ipotetici perché quelli visto il momento ballano un pochino.

Uno spunto: in un’intervista su Roma Today, il direttore generale di Fermerci Giuseppe Rizzi ha precisato che solo il quattro per cento delle merci del Lazio si sposta su ferro mentre l’80 per cento su gomma, e che avete richiesto il ferrobonus anche per il Lazio che al momento non lo prevede.

Il Lazio è una delle poche Regioni d’Italia che non ha il ferrobonus regionale. Di cosa stiamo parlando? Di un incentivo a operatori, imprese e caricatori che poi ribaltano al cliente finale. La norma stessa prevede un ribaltamento al 50 per cento in fattura del proprio del bonus al cliente che sceglie la modalità della rotaia. Un vettore per eccellenza green, quindi una modalità che dal prossimo anno anche per norme europee per alcune filiere inizia ad essere un obbligo. Il risparmio energetico della rotaia si aggira intorno all’85 per cento rispetto al trasporto su gomma. Per esempio, un treno lungo 600 metri risparmia rispetto alla stessa mole di merce trasportata da camion fino all’80 per cento.Tutte le Regioni più o meno negli anni hanno aggiunto il proprio ferrobonus a quello nazionale. Per esempio Lombardia, Puglia, e Regione Abruzzo si sono già mosse da tempo nella loro legge di bilancio. Ma evidentemente le priorità della mobilità delle merci del Lazio sono altre.

Sono state inserite nella Manovra 2025 alcune misure per salvaguardare e rilanciare il settore del trasporto ferroviario?

Una misura per cui abbiamo dato anche un plauso è stata inserita, ed è la possibilità riconosciuta alle Autorità di sistema portuale (Adsp) di stanziare, facoltativamente, fino a un milione di euro per aiutare la manovra ferroviaria merci in ambito portuale. Nell’ambito portuale la manovra ha dei costi molto elevati, quindi rende il treno molto più costoso e meno competitivo. Molte autorità di sistema portuale, come Genova, Livorno e La Spezia hanno sempre chiesto con forza insieme a noi quest’incentivo. Insomma, mancava una norma nazionale per autorizzare a spendere risorse in forza di leggi nazionali. Le prime volte quest’incentivo non era stato capito, ma è passato finalmente in questa legge di bilancio. Ma tutto ciò è solo una goccia nel mare.

E qui torna il riferimento alla tempesta perfetta…

Sì, perché nel 2025 la rete ferroviaria italiana continuerà a mettere a terra i famosi miliardi del Pnrr per l’infrastruttura ferroviaria. Risorse per noi di portata epocale e interventi importantissimi, dove il gestore dell’infrastruttura sta facendo veramente il massimo quindi sta veramente lavorando tanto e molto bene, ma oggettivamente per lavorare in sicurezza deve interrompere il traffico. In breve, nel 2024 abbiamo avuto delle riduzioni di capacità a tratti fino al 50 per cento. Nel 2025 addirittura andremo oltre il 50 per cento di riduzione in alcune tratte. Per un comparto come il nostro avere una capacità di produzione così ridotta non è banale. Tutto questo dovrebbe finire a fine 2025, quindi dal 2026 dovremmo avere non una situazione normale, ma un miglioramento. Avremo una rete migliore, performante, una rete che consente a noi stessi di lavorare in maniera più efficiente. Un’infrastruttura nazionale che ci consente di fare treni più pesanti a costi fissi, più pesanti e quindi di fare più margine. Una battuta: dobbiamo arrivarci al 2026. Questo è il problema. perché la congiuntura non è assolutamente banale. Noi abbiamo parlato tempo fa di tempesta perfetta, io aggiungerei una tempesta che non finisce mai.

Si è parlato anche di fondi per le imprese “volatilizzati”…

Esattamente, ci hanno tagliato un incentivo di 115 milioni di euro che era per il famoso Decreto loco e carri. E lì è venuta proprio meno la fiducia delle imprese. Il Pnrr, oltre a dare i soldi all’infrastruttura aveva dato i soldi anche alle aziende per l’acquisto di locomotive e carri. È una misura del 2021, poi autorizzata nel 2023 dalla Commissione europea. Non si è riuscito a fare il decreto attuativo in tre anni, e non sono state impegnate le risorse. Quindi, questi 115 milioni sono stati spostati e sono stati impegnati per altro. Il problema è che le imprese che conoscevano questa norma hanno acquistato 196 locomotive merci. Bisogna mettersi nei panni di un’impresa che comprato 25 locomotive, si è esposta per 70-80 milioni di euro e dopo tre anni il governo gli taglia quell’incentivo. Questo per noi è stato un disastro, stiamo lottando ancora per modificarlo, Abbiamo scritto a Matteo Salvini, abbiamo scritto a Giancarlo Giorgetti e abbiamo scritto anche alla premier. Per ora, non è arrivata nessuna risposta.

Aggiornato il 19 dicembre 2024 alle ore 15:36