L’esatta quantificazione delle misure classificate in Italia come Tax Expenditures è oggettivamente complicata. Il primo rapporto programmatico pubblicato sul sito del Senato della Repubblica è datato settembre 2017 e si riferisce ai dati relativi al 2016. Nel rapporto sono state classificate ben 610 misure agevolative di vario genere con la corrispondente diminuzione di entrate per l’Erario dello Stato di 76,5 miliardi di euro. Alle misure agevolative censite si è aggiunta una pletora di nuovi interventi che si sono dovuti attivare in questa legislatura a causa delle chiusure provocate dalla pandemia di Covid-19. L’incidenza di minori entrate per l’erario dello Stato si è quindi ulteriormente incrementato rispetto al rapporto pubblicato nel 2017.
Per un liberale qualsiasi intervento che comporti un alleggerimento del carico fiscale per i cittadini e per le imprese è sempre il benvenuto, ma deve essere una riduzione dell’onere valevole erga omnes. La stratificazione nei decenni di esenzioni, agevolazioni fiscali, contributive, finanziarie, crediti d’imposta e sovvenzioni a fondo perduto ha determinato una situazione distorsiva dell’economia e del mercato, creando situazioni di privilegio di alcune categorie a danno di altre. Spesso le provvidenze pubbliche nascono come interventi mirati, in determinati momenti, per il sostegno di alcuni settori e si trasformano, poi, in diritti da perpetuare nel tempo. Da “una tantum” diventano come le nuove imposte “una semper”.
Un settore che gode di provvidenze pubbliche e di sussidi non ha bisogno di competere sul mercato e, inevitabilmente, tende a non innovare in quanto gode della “rendita di posizione”. È universalmente riconosciuto nel mondo dell’economia che un comparto sussidiato, se viene a mancare il sostegno della politica clientelare, viene espulso dal mercato. La riduzione del carico fiscale, che in Italia nel 2021 ha raggiunto la media del 43,5 per cento rispetto al Pil, deve passare per: una progressiva eliminazione di tutti gli interventi di Tax Expenditures, una contestuale riduzione orizzontale della pressione fiscale nei confronti di tutti e una pedissequa riduzione del debito pubblico rispetto al Pil. La pressione al 43,5 per cento è come la “media di Trilussa”: c’è chi paga oltre il 60 per cento di imposte sul proprio reddito e chi non paga praticamente nulla!
Aggiornato il 09 maggio 2022 alle ore 11:19