Mentre imperversa la guerra tra Russia e Ucraina, e i negoziati avanzano lentamente, si cominciano a delineare i possibili scenari dell’economia globale post-conflitto. Mosca, in un eventuale processo di pace, chiederà la rimozione delle sanzioni economiche imposte dall’Occidente. Ciò non toglie che il danno politico autoinflittosi dal Cremlino potrebbe essere irreversibile. Infatti, le aziende europee e americane rivedranno probabilmente il loro modello di business, già messo sotto pressione dagli anni della pandemia, non ancora terminati. Ha parlato, all’Agenzia giornalistica Italia, Nicola Borri, professore di asset pricing all’università Luiss di Roma: “Dal punto di vista formale, con l’eventuale rimozione delle sanzioni, si potrà ricominciare a fare affari e a scambiare denaro. Basterà un ordine esecutivo o attendere la scadenza per le misure che ne prevedono una. Dal punto di vista materiale, però, la mia percezione è che non si tornerà al business as usual. L’azione di Putin ha creato danni irreversibili”.
Il presidente russo ha incrinato in maniera probabilmente decisiva il suo rapporto con l’Occidente. È aumentata la percezione del rischio politico, lo stesso che ha portato diverse aziende a chiudere i battenti in Russia da un giorno all’altro. È difficile che aziende come McDonald’s, Ikea e Netflix (per citarne alcune) tornino a Mosca in tempi brevi. Questo vale anche per i rapporti commerciali. “Pensiamo a una multinazionale come McDonald’s – rileva Borri – che ha chiuso tutti i suoi negozi russi. Non lo ha fatto certo perché temeva una loro distruzione fisica, ma perché è consapevole che agli occhi di un consumatore occidentale i profitti fatti in Russia sarebbero apparsi come qualcosa di sbagliato. E questa percezione non cambierà certo nell’immediato”.
Quando sarà ristabilita la situazione tra il Cremlino e Kiev, il professore della Luiss prevede due possibili scenari. Il primo vedrebbe una “vittoria” della globalizzazione, con la Cina che riprenderà a commerciare con l’Occidente, in una situazione analoga a quella pre-conflitto, ma comunque con una Russia più isolata. La seconda ipotesi invece potrebbe vedere un’alleanza tra Pechino e Putin, e “allora si tornerebbe alla creazione di blocchi contrapposti e l’impatto sulla globalizzazione sarebbe molto più importante” confessa Borri. L’economista crede, tuttavia, che quest’ultimo scenario sia il più improbabile, soprattutto perché la Cina “ha tutto l’interesse a mantenere aperto il mercato mondiale ai propri prodotti”.
La crisi ucraina e la pandemia, infine, cambieranno il modello di business della maggior parte delle aziende occidentali, con un rimpatrio di molte delle filiali e la diminuzione delle importazioni. Prima, infatti, ci si basava su una produzione sul momento, just in time, con pochissime scorte. Tutto ciò inevitabilmente ridurrà il commercio internazionale: “Coronavirus e guerra hanno imposto una rivalutazione dei rischi collegati alla catena del valore – conclude l’economista – e ci si è resi conto che una certa flessibilità, data per scontata, può incepparsi”.
Aggiornato il 30 marzo 2022 alle ore 15:53