Secondo uno studio Confocommercio-Nomisma (quest’ultima è una società di consulenza strategica e aziendale), l’eventuale interruzione delle forniture di gas dalla Russia potrebbe comportare una spesa energetica di quasi 30 miliardi di euro nel 2022, oltre il 160 per cento in più rispetto all’anno scorso. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha dato il colpo di grazia al caro energia, in rialzo già nei mesi precedenti, con incrementi di circa il 50 per cento delle quotazioni del gas e dell’elettricità sui mercati internazionali. Questo aumento dei prezzi, secondo lo studio, ricade soprattutto sul settore terziario nei settori del commercio, del turismo e infine della ristorazione. Diventano quindi sempre più urgenti, secondo Confcommercio, “misure strutturali per risolvere i nodi del nostro sistema energetico, a cominciare dalla riduzione della dipendenza dalle forniture estere, dalla revisione della fiscalità energetica e dall’abbattimento degli oneri generali di sistema”.
Nel contempo, da non sottovalutare, è anche l’ascesa del prezzo del petrolio (che ha ufficialmente superato le cifre raggiunte durante la crisi del 2008), che porterà inevitabilmente a un incremento nella spesa annua di 21 miliardi di euro per il settore degli autotrasporti. Un anno fa, il prezzo del gas era di 25 euro al megawatt, mentre il primo giorno del conflitto è schizzato a 120 euro, raggiungendo picchi inediti come i 170 euro mwh. L’evolversi del conflitto russo-ucraino è ancora molto incerto e a oggi, mentre si sta svolgendo il secondo round di negoziati, è solo possibile ipotizzare gli scenari di andamento dei prezzi, su cui basare le stime dell’impatto sul settore terziario. Nel caso di protrazione del conflitto, senza però interruzione delle forniture del gas, la spesa risulterebbe, per l’anno corrente, di 8,6 miliardi in più rispetto al 2021. Situazione molto più drammatica in caso di interruzione, per volontà della Russia o per danni bellici, delle forniture energetiche. In questo caso, la bolletta si moltiplicherebbe di tre volte rispetto a quella dell’anno scorso.
L’ultimo scenario proposto dalla Confederazione delle associazioni di impresa riguarda l’ipotesi di un “cessate il fuoco”, e la conseguente risoluzione del conflitto. In questo caso, i prezzi scenderebbero circa del 40 per cento, riportando la spesa delle imprese per l’anno corrente vicino a quella dei dodici mesi passati, ovvero ad un totale di 12 miliardi di euro. L’analisi di questi tre scenari viene applicata anche al prezzo del carburante per il settore degli autotrasporti, evidenziando nel primo caso un aumento della spesa annua, per ciascun veicolo, di circa 13 mila euro. Nella seconda ipotesi, come per l’energia, la spesa per veicolo sarebbe più che triplicata, mentre nell’ultimo (e più auspicabile) scenario, il costo della benzina del 2022 sarebbe solo leggermente più alta rispetto a quello del 2021.
Le proposte di Confcommercio includono una maggiore diversificazione della spesa per l’energia, per “superare quanto prima la vulnerabilità del nostro Paese ed evitare il rischio di crisi future”, e il proseguimento delle misure adottate dal Governo per combattere il rincaro delle bollette, che secondo l’associazione “vanno nella giusta direzione” ma non sono ancora sufficienti. Viene suggerito di abbattere il peso degli oneri generali di sistema e di agire per il ridimensionamento della fiscalità energetica, con una riduzione dell’Iva sui consumi elettrici delle imprese del terziario dal 22 al 10 per cento.
Sul fronte carburanti, la Confederazione si complimenta per i primi interventi dello Stato a sostegno dell’autotrasporto nel recente “decreto bollette”, ma rimane comunque necessario agire sul carico fiscale del settore, insieme al conseguimento di alcune modifiche alle proposte europee del pacchetto green “Fit for 55”, poiché i costi della transizione, in questo periodo storico, potrebbero diventare insostenibili per le imprese italiane.
Infine, questo studio “a quattro mani” non vuole solamente evidenziare la poca lungimiranza italiana nel non diversificare l’approvvigionamento energetico, e nel diminuire la propria produzione di gas dai 17 miliardi di metri cubi del 2000 ai miseri 3 del 2020, ma propone azioni concrete per tener testa a questa problematica, dalla quale ormai non può più fuggire.
Aggiornato il 03 marzo 2022 alle ore 13:56