Giuseppe Parlato, uno storico amico della ragione laica (ma non laicista)

È scomparso a Roma Giuseppe Parlato, classe 1952, milanese trapiantato a Torino, intellettuale di vecchio stampo ma attentissimo alle novità in tutti i settori, uomo di profonda onestà morale e intellettuale (che chi scrive ha avuto il piacere di frequentare per lavoro e per amichevoli rapporti). Parlato (nessuna parentela col Valentino dall’omonimo cognome, giornalista de il Manifesto), dopo la laurea a Torino era stato allievo di Renzo De Felice, diventandone, nel 1981, assistente all’Università La Sapienza. Dal 1992 al 1994 aveva insegnato storia del sindacalismo e del movimento operaio alla facoltà di Legge dellUniversità di Camerino, divenendo poi professore ordinario di Storia contemporanea all’Università Internazionale di Roma (di cui è stato anche rettore).

Un amico della ragione laica – ma non laicista – e della cultura del dialogo e del dubbio costruttivo, nemico di ogni integralismo e settarismo, anche (anzi, specialmente) quando ammantati di ideologia. Molteplici i suoi interessi, che l’avevan portato anche a dirigere vari organismi, Come il Comitato scientifico del Centro documentazione mondiale della Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata di Trieste, e la Commissione scientifica delComitato 10 Febbraio”. Per le terribili vicende delle Foibe e dell’Esodo istriano, giuliano e dalmata, Giuseppe aveva una vera passione: che l’aveva portato anche ad avviare l’organizzazione di una grande mostra su questi temi. Dopo aver a lungo collaborato con la Società di studi fiumani di Roma – Archivio e Museo storico di Fiume, allo storico quartiere Giuliano-dalmata, diretta, con grande rigore, dall’altro storico professor Marino Micich.

Parlato era ritenuto lo studioso più obbiettivo e attento della destra italiana del XX secolo, seguìto da Emilio Gentile e pochi altri. A questi temi aveva dedicato vari saggi, come, nel 2000La sinistra fascista: storia di un progetto mancato: dove tracciava un interessante parallelo tra la sinistra littoria, soprattutto giovanile dei GUF, che dopo il trionfo in Etiopia del 1935 chiede rumorosamente a Benito Mussolini di avviar la seconda fase della Rivoluzione fascista, quella anticapitalista, con un occhio anche alla Russia di Iosif Stalin (per riaffacciarsi poi fortemente sulla scena con Salò). E Fascisti senza Mussolini: le origini del neofascismo in Italia (1943-1948), uscito nel 2006. Alla storia del fascismo post 25 luglio, Giuseppe (membro del Comitato scientifico del “Centro di studi e documentazione” sulla Rsi di Salò) aveva riservato attenzione anche scrivendo, nel 2016, la prefazione alla monografia sul PFR pubblicata da Roberto DAngeli con Castelvecchi Editore.

Aperto sempre al dialogo e a possibili nuove collaborazioni (anche, ad esempio, con lo storico cattolico Gabriele De Rosa), Giuseppe Parlato era pronto a discutere di tutto. Nella consapevolezza che la storia, proprio per sua essenza, non può che essere “revisionista” nel senso migliore del termine, cioè sempre pronta a rivedere anche le posizioni più saldamente acquisite, se saltano fuori elementi nuovi (anzitutto fonti nuove, per le quali Parlato aveva sempre un defeliciano rispetto) che lo richiedono.

Aggiornato il 10 giugno 2025 alle ore 12:17