martedì 10 giugno 2025
È scomparso a Roma Giuseppe Parlato, classe 1952, milanese trapiantato a Torino, intellettuale di vecchio stampo ma attentissimo alle novità in tutti i settori, uomo di profonda onestà morale e intellettuale (che chi scrive ha avuto il piacere di frequentare per lavoro e per amichevoli rapporti). Parlato (nessuna parentela col Valentino dall’omonimo cognome, giornalista de il Manifesto), dopo la laurea a Torino era stato allievo di Renzo De Felice, diventandone, nel 1981, assistente all’Università La Sapienza. Dal 1992 al 1994 aveva insegnato storia del sindacalismo e del movimento operaio alla facoltà di Legge dell’Università di Camerino, divenendo poi professore ordinario di Storia contemporanea all’Università Internazionale di Roma (di cui è stato anche rettore).
Un amico della ragione laica – ma non laicista – e della cultura del dialogo e del dubbio costruttivo, nemico di ogni integralismo e settarismo, anche (anzi, specialmente) quando ammantati di ideologia. Molteplici i suoi interessi, che l’avevan portato anche a dirigere vari organismi, Come il Comitato scientifico del Centro documentazione mondiale della Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata di Trieste, e la Commissione scientifica del “Comitato 10 Febbraio”. Per le terribili vicende delle Foibe e dell’Esodo istriano, giuliano e dalmata, Giuseppe aveva una vera passione: che l’aveva portato anche ad avviare l’organizzazione di una grande mostra su questi temi. Dopo aver a lungo collaborato con la Società di studi fiumani di Roma – Archivio e Museo storico di Fiume, allo storico quartiere Giuliano-dalmata, diretta, con grande rigore, dall’altro storico professor Marino Micich.
Parlato era ritenuto lo studioso più obbiettivo e attento della destra italiana del XX secolo, seguìto da Emilio Gentile e pochi altri. A questi temi aveva dedicato vari saggi, come, nel 2000, La sinistra fascista: storia di un progetto mancato: dove tracciava un interessante parallelo tra la sinistra littoria, soprattutto giovanile dei GUF, che dopo il trionfo in Etiopia del 1935 chiede rumorosamente a Benito Mussolini di avviar la seconda fase della Rivoluzione fascista, quella anticapitalista, con un occhio anche alla Russia di Iosif Stalin (per riaffacciarsi poi fortemente sulla scena con Salò). E Fascisti senza Mussolini: le origini del neofascismo in Italia (1943-1948), uscito nel 2006. Alla storia del fascismo post 25 luglio, Giuseppe (membro del Comitato scientifico del “Centro di studi e documentazione” sulla Rsi di Salò) aveva riservato attenzione anche scrivendo, nel 2016, la prefazione alla monografia sul PFR pubblicata da Roberto D’Angeli con Castelvecchi Editore.
Aperto sempre al dialogo e a possibili nuove collaborazioni (anche, ad esempio, con lo storico cattolico Gabriele De Rosa), Giuseppe Parlato era pronto a discutere di tutto. Nella consapevolezza che la storia, proprio per sua essenza, non può che essere “revisionista” nel senso migliore del termine, cioè sempre pronta a rivedere anche le posizioni più saldamente acquisite, se saltano fuori elementi nuovi (anzitutto fonti nuove, per le quali Parlato aveva sempre un defeliciano rispetto) che lo richiedono.
di Fabrizio Federici