Perché la “Gioconda” non va spostata

Le cattive condizioni in cui versano molti dipartimenti del Louvre – problema esposto dalla direttrice del museo parigino – e le continue critiche da parte dei visitatori verso l’organizzazione da girone infernale delle collezioni, hanno portato il presidente francese Emmanuel Macron a presentare un piano che nei prossimi anni trasformerà il più grande museo del pianeta. Da una parte la colossale struttura dove sono allestite le decine di collezioni (da quella archeologica a quella delle arti applicate sino alla sterminata pinacoteca) risulta vetusta e le attrezzature sono in stato preoccupante, con sempre nuovi malfunzionamenti che metterebbero a rischio la conservazione dei capolavori, soprattutto i delicati dipinti; dall’altra, i quasi 10 milioni di turisti che ogni anno affollano le sale rappresentano un numero difficilmente gestibile in termini di sicurezza e fruizione delle sale. Il maggiore affollamento si crea, ovviamente, nello spazio che ospita il ritratto di Lisa Gherardini di Leonardo, la Gioconda.

La grande Salle des États, dove sono esposti altri capolavori della pittura italiana, è il luogo che la quasi totalità dei visitatori cerca di raggiungere da quando accede al museo. Si tratta di una grande sala raggiungibile solamente dopo aver attraversato un labirintico percorso tra altre collezioni: un po’ come per i Musei Vaticani, dove moltissimi visitatori saltano tutte le sale e le gallerie espositive per raggiungere la Cappella Sistina (che, per giunta, offre una scarsissima illuminazione ed è così caotica da richiamare concretamente l’Inferno rappresentato del Giudizio universale di Michelangelo). Di fatto, dei circa 30mila turisti che ogni giorno visitano il Louvre, quasi tutti percorrono velocemente le ale del museo soltanto per trovarsi faccia a faccia con il dipinto leonardiano, anche se, tra le calca sudata che fa selfie e la distanza fisica che va mantenuta dalla piccola tavola – coperta da una teca blindata – la Gioconda è probabilmente l’opera che si ammira peggio in tutto il museo.

Durante la conferenza stampa Emmanuel Macron ha annunciato che il capolavoro di Leonardo verrà trasferito in una nuova sala, progettata per accogliere soltanto il celebre ritratto, e che per ammirarla non si dovrà dunque percorrere buona parte del museo. Per cui si pagherà un biglietto per il Louvre e un biglietto per la Gioconda. Tutto questo, dal 2031. Anche se spostare l’opera potrebbe rappresentare un buon punto di partenza per vivere diversamente l’esperienza museale, e che i turisti potranno decidere se verrà la pena visitare “anche” il museo o si accontenteranno di incontrare la Monna Lisa, si dovrà comunque lavorare sull’ammodernamento delle strutture e degli impianti del Louvre, per evitare danni ad alcune opere delicate. Ovviamente il museo deve fare cassa. I grandi musei ormai sembrano allevamenti di pollame. Le grandi gallerie, i saloni, sono pieni in maniera inverosimile. C’è il rischio di urtare qualche opera. C’è il rischio che, in caso di emergenza, non ci sia lo spazio per far evacuare i visitatori; per non parlare della pressione psicologica che persone ansiose (o, ad esempio, con condizioni come l’autismo) possono subire dal trovarsi in uno spazio superaffollato e chiassoso.

Il Louvre è il museo più visitato al mondo e la sala dove si trova la Gioconda è chiaramente il punto di maggiore concentrazione di visitatori: ma il problema non è questo. Non si può impedire l’adulazione per una cosa. Che piaccia o meno, al di là dei giudizi estetici, quel dipinto è qualcosa di ipnotico e coinvolgente. Vedere la Gioconda è come incontrare una star del cinema. Per qualcuno è commovente, e per nessuno si tratta di un incontro indifferente. L’aspetto su cui si deve riflettere è l’accanimento che certo turismo può avere su opere, musei o luoghi di culto. Per carità, sono decenni che i turisti scattano foto alla Gioconda (oppure, di nascosto dalle guardie urlanti, ai dipinti cupi della Sistina). Ma la crescente irriverenza che tanti turisti hanno per la bellezza, per il sacro, sempre alla ricerca della foto perfetta con cui intasare le storie di Instagram, dovrebbe portare a un ripensamento generale dei criteri espositivi e delle modalità di fruizione delle collezioni.

A Roma, ad esempio, nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, nella navata centrale è stato installato uno specchio che permette di farsi un selfie con dietro il magnifico soffitto affrescato. Quella che era una chiesa poco visitata è diventata uno dei luoghi più di moda di Roma tra i visitatori che vivono in modo grottescamente dipendente dai social. Ma questo vale per tante opere e tanti musei, Louvre e Gioconda inclusi. La fila per entrare a Sant’Ignazio a volte parte sin da fuori. Al piccolissimo ingresso della Sistina c’è un perenne tappo di persone. La sala della Gioconda è praticamente una stazione ferroviaria all’ora di punta. Se non si può impedire a una persona si fare video o selfie, si dovrebbe però lavorare su come mettere in relazione una persona all’arte in modo rispettoso, senza che le decine di euro di biglietto suonino come “ho pagato per farmi un selfie con la Gioconda”.

Tutto questo avverrà solo se si sapranno formulare metodologie didattiche e conoscitive dell’arte orientate a far esaltare la grandezza dei capolavori, allontanando la prospettiva di una gita al museo come se fosse un safari tra i leoni. Ormai si è deciso che la Gioconda dovrà essere trasferita: non è questo il modo di risolvere i problemi. Ogni opera va inserita in un contesto e apprezzata nel rapporto con altri capolavori. Di questo passo, sarebbe interessante progettare un qualche sistema futuristico per far accedere i turisti direttamente nella Cappella Sistina (magari calandoli dal camino delle fumate da Conclave). L’unico modo per rispettare la Monna Lisa è lasciarla dove sta.

Aggiornato il 31 gennaio 2025 alle ore 12:57