“Dio sulla Terra non ha un solo “rappresentante” o un “capo supremo”, come il papa cristiano, definito appunto dalla Chiesa “Dio sulla Terra”, o come i capi delle altre religioni: ne ha e ne ha avuti tanti, a partire dagli antichi patriarchi della Bibbia, sia dell’Antico Testamento (come Abramo, Isacco, Giacobbe, David) che del Nuovo (come il papa della Chiesa di Roma, il patriarca di Antiochia, di Alessandria, di Gerusalemme e il capo della Chiesa cattolica greco-melchita). Ma li ha avuti e li ha anche in molti personaggi della Politica, che non è “staccata” dalla Religione, se è vero che già al tempo dei Sumeri, una delle più antiche civiltà, che risale intorno al quarto millennio avanti Cristo, i re erano anche sacerdoti. Poi al tempo dell’antica Roma il re o l’imperatore era anche pontefice (Pontifex), una parola che designava propriamente i “costruttori di ponti”, un’arte considerata divina per certi suoi particolari, che i Romani appresero dagli Etruschi. Il primo ponte a Roma fu il Sublicio, sul Tevere, poco più a valle dell’Isola Tiberina, ed era così importante, che da lì nacque appunto il più antico e potente sacerdozio romano: il Pontifex, appunto. Ma prima dei Romani i sacerdoti greci, detti gephyraei, si recavano sul ponte Peneus, nella Tessaglia, per mettervi sopra ed adorarle le immagini degli dèi. La parola religione proviene dal latino religio, che a sua volta deriva dal verbo re-ligare, che significa legare con un vincolo a qualcuno o a qualche cosa, e che in senso strettamente religioso vuol dire legare l’uomo a Dio. La Religione e la Politica hanno sempre avuto il compito di unire la comunità di un popolo”.
“Liberi non sarem se non siam uni, diceva Manzoni, che definiva il popolo italiano un volgo disperso che nome non ha, e sognava un’Italia che fosse una d’arme, di lingua e d’altar, cioè unita anche nel campo della religione. Costantino, che sia vero o no che abbia visto nel cielo notturno una croce luminosa con la scritta In hoc signo vinces, sapeva bene che il potere politico ha bisogno di una approvazione sacra e che non bastano i princìpi laici. Cesare era pontefice massimo e tale divenne anche Augusto nel 12 avanti Cristo, stabilendo che quella carica rimanesse prerogativa di tutti i successivi imperatori”.
“Gli dèi romani appartenevano allo Stato e il rapporto fra le due istituzioni era di natura giuridica. Spesso i soldati romani invocavano gli dèi dei popoli con cui erano in guerra affinché passassero dalla loro parte promettendogli culti e templi a Roma, e ciò evitava le guerre di religione. Sotto questo aspetto i Romani erano più tolleranti e più civili di noi, non fecero mai una guerra di religione”.
“Venendo ai nostri giorni, per quel che riguarda l’Italia, abbiamo avuto personaggi politici che per il loro senso religioso inserito nella politica possono essere definiti politici di Dio, come De Gasperi, Andreotti, Moro”.
“Ma abbiamo avuto anche papi, che nell’antichità, come dice Giovanni nell’Apocalisse, puttaneggiavano con i re. E fu da lì che Dante, rivolto a Niccolò III e a Bonifacio VIII, collocati da lui nell’inferno, trasse una delle sue famose requisitorie:
Di voi pastor s’accorse il Vangelista
quando colei che siede sopra l’acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista.
Colei che siede sopra l’acque era appunto la Chiesa, seduta sulla bestia emersa dal mare. Ma sai chi è stato in Italia il più grande politico di Dio?”.
“No”.
“Giorgio La Pira. Ma nessuno lo ricorda più. E anche la proposta della sua beatificazione è stata accantonata. Non se ne sa più niente. L’ho conosciuto nel 1947, a Messina, quando risiedevo con la mia famiglia a Reggio Calabria, e spesso mi recavo a Messina per ascoltare le lezioni all’Università. Nel pomeriggio, oltre che alla sede del Giornale di Sicilia, per il quale scrivevo articoli (a Reggio Calabria ero socio della Fili, Federazione italiana liberi intellettuali e dirigevo il settore culturale della Liasgo, Libera associazione goliardica), facevo un salto in una libreria, di cui non ricordo il nome, frequentata da noti scrittori, poeti e giuristi, fra i quali Quasimodo, De Benedetti e Pugliatti, che poi diventò rettore dell’Università di Messina, e fu così che un giorno incontrai anche La Pira”.
“Naturalmente stava nella Democrazia cristiana”.
“Era stata fondata nel 1942, ma già molti anni prima La Pira era arrivato alla sua visione cristiana del mondo e della politica, nel 1924, a venti anni, durante una delle tante comunioni che faceva ogni domenica. Si fece terziario domenicano, assumendo il nome di Fra Raimondo, e poi anche terziario francescano”.
“Ma questa visione, della presenza di Dio anche nella politica, non è in contrasto con quanto dice Gesù: Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio? Che è come dire che Dio e la politica vivono in due sfere diverse e separate”.
“Nel Sessantotto, il periodo della Contestazione, uno dei motti dei giovani era Tutto è politica, e i professori, infatti, nelle scuole facevano politica. Di sinistra, naturalmente. E poi il politico di Dio è ambivalente”.
“In che senso?”.
“Nel senso che politico oltre che un politico di professione può essere anche un papa, moderno, però, non come quelli che anticamente puttaneggiavano con i re. Il politico di Dio è infatti il titolo di un libro di un autore straniero, David Willey, dedicato a Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla. Il quale, così sostiene l’autore, ha avuto dei meriti ma anche dei difetti. Innanzitutto perché per lui Politica e Religione dovevano essere separate, e poi nei rapporti che ha avuto con i grandi politici stranieri restava sempre la coesistenza di due elementi diversi e contrastanti negli atteggiamenti da lui tenuti riguardo ai cambiamenti politici, da un lato nella sua terra natia, dall’altro nel resto del mondo. È stato forse l’unico papa che ha avuto il coraggio di trattare da pari a pari con Bush e Gorbaciov, di destreggiarsi tra le diverse esigenze di circa un miliardo di fedeli, di reggere al declino della pratica religiosa in Occidente e al tempo stesso di porre rimedio alla difficile situazione delle finanze vaticane”.
“E che ne dici di Santità, il libro di Arturo Diaconale, al quale rivolgiamo ancora un augurio per la sua salute, in cui egli parla appunto del rapporto fra la religione e la politica? Lui sostiene che se la Chiesa resiste da oltre duemila anni è perché ha avuto la capacità di adattarsi ai cambiamenti del mondo. Ma Papa Bergoglio, da buon gesuita cresciuto a pane, peronismo e terzomondismo anticolonialista e anticapitalista, si è spinto più in là dei suoi predecessori, fino a trasformare l’istituzione, inventata da San Paolo, nella più grande Ong del pianeta, specializzata nel terreno del politicamente corretto. Abbracciando un modello globalista e pauperista di multiculturalismo e immigrazione incontrollata, il Cristianesimo sembra voler abbandonare il suo bimillenario legame con l’Occidente per diventare una sorta di sincretismo buonista universale”.
“Arturo ha ragione. La Chiesa cristiana, e dunque il Cristianesimo, non può rinunciare alla propria identità, tanto più in un momento in cui tutto il mondo dell’Islam usa il proprio mastice religioso – così dice testualmente – per lanciare la sua offensiva di rivalsa e di riconquista nei confronti dell’Occidente. Ciò finirebbe col cancellare il tratto identitario che caratterizza la civiltà occidentale – cioè la libertà individuale e la separazione tra Stato e Chiesa – che è una delle componenti indispensabili del Cristianesimo. Se il Papa stesso, dice Arturo, apre ad altre religioni che cosa accadrà non solo al Cristianesimo ma a tutta la civiltà occidentale?”.
“E tu che ne pensi?”.
“Io ho oscillato per lungo tempo fra i due atteggiamenti, pensando ai vantaggi di una religione universale, come non pochi teologi e uomini di chiesa, fra cui monsignor Pozzi, che tu ben ricorderai, il quale aveva una visione di Dio e della Creazione, “a modo suo”, che è il titolo di un suo libro. Io condivido il pensiero di Arturo, ma sostengo, come alcuni all’interno della Chiesa, che la Chiesa si deve aggiornare, anche perché, se la Chiesa Cristiana non si aggiorna sempre più fedeli le faran le corna, passeranno ad altre religioni. Io, come tu sai, pur essendo profondamente cristiano, nel 1968 mi sono accostato alla meditazione yoga, che pratico tuttora. E ho trovato conferma di una convinzione che avevo da ragazzo, che cioè Dio non poteva aver tratto l’universo dal nulla, come sostiene la Chiesa, perché il nulla non esiste, tanto più perché Dio è tutto e dovunque non c’è che Lui. Nell’epoca dei computer e dei cellulari, che recentemente un pensatore indiano ha definito l’aspetto informatico di Dio” (ma possiamo risalire alla nascita del telefono, della radio e della televisione), non è più possibile che l’uomo resti ancora fermo all’immagine di un Dio che crea dal nulla l’universo, che si arrabbia, muove guerra contro popoli e città, facendo stragi di migliaia e migliaia di persone, sino ad arrivare allo sterminio dell’intera umanità (trenta milioni di persone, fra cui i bambini, i buoni e gl’innocenti). Mosè dice di parlare faccia a faccia con Dio, col quale aveva una tale confidenza che una volta, vedendolo arrabbiato, gli disse addirittura di calmarsi”.
“Ma torniamo a La Pira, che rientra nel titolo di questa nostra conversazione”.
“Una delle domande che gli feci il giorno del nostro incontro riguardava il concetto che aveva della Politica e lui mi diede una risposta illuminante, che mi è stata utile e su cui ho costruito la mia visione di Dio”.
“Cioè?”.
“Mi disse che la Politica è il gioco dialettico per eccellenza, messo in atto da Dio con la creazione del mondo e soprattutto dell’uomo: un gioco attraverso il quale gli attributi divini, che nella dimensione assoluta sono tutti mescolati e confusi, nella dimensione relativa, cioè nel mondo e in particolare nell’uomo, si fanno chiari, distinti e anche contrapposti, come il bene e il male, e dunque contraddittori. Per La Pira l’impegno politico era un impegno di umanità e di santità insieme, intessuto di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità. Per questo propose di porre all’inizio della nostra Costituzione una solenne proclamazione dei diritti dell’uomo davanti a Dio, tanto più perché, come diceva Vico, la storia dell’uomo è la storia di Dio nella sua dimensione dialettica. Su questa verità io ho scritto un poemetto, che ti riassumo così, infilandoci i famosi versi di Dante: Se Dio è veramente la Parola / e vive nell’intera umanità, / di conseguenza è una persona sola / che dialogando con se stessa va. / Ma, così come forma non s’accorda / molte fïate a l’intenzion de l’arte, / perché a risponder la materia è sorda, / sovente nel parlar cambia le carte.
“Giorgio La Pira sarà fatto santo”:
questa notizia circola nell’aria.
Così ho pensato: Adesso lo decanto,
con una forma schietta e lapidaria,
in un inno, che suoni come un canto
alla sua teologia straordinaria.
Non è stato un politico soltanto:
nella sua concezione visionaria
anche nella politica ha intravisto,
più che in quella generica o privata,
la premurosa attività di Cristo
in un gioco dialettico impegnata.
È stato insomma, come poi s’è visto,
una mente davvero illuminata.
Aggiornato il 09 settembre 2020 alle ore 14:26