Quando la mafia non vendeva la droga. O almeno non la gestiva in totale monopolio, subconcesso implicitamente dallo Stato proibizionista. Nostalgia della camorra e dei camorristi dei tempi de “Il sindaco del rione Sanità”, geniale commedia di Eduardo De Filippo scritta e rappresentata per la prima volta nel 1960.
E così Mario Martone tenta un’audace remake, con facce che però sembrerebbero più adatte per “Gomorra” che per il dramma in tre atti del grandissimo, immenso, Eduardo. E infatti l’unica cosa che stona nel pur notevole film di Martone presentato e osannato a Venezia sono quelle facce da cocainomani e da killer spietati che hanno tutti gli attori, a cominciare dal bravissimo Francesco Di Leva, che poi è anche l’uomo che dirige i laboratori teatrali e cinematografici di Martone. La camorra ai tempi in cui non vendeva la droga in realtà non è che fosse così buona. Anche il motto preso pari pari dal dramma di Eduardo, cioè quello del padrino Antonio Barracano, “io proteggo l’ignoranza”, non è di quelli su cui ci si possa imbastire una sorta di sociologismo giustificatorio della criminalità organizzata. Però l’effetto dicotomico tra le battute di Eduardo e la recitazione degli allievi di Martone è impressionante: uno si aspetterebbe da un momento all’altro una strage di mafia e di mafiosi e invece tutto procede tranquillo fino all’estremo sacrificio del boss Barracano, che muore per tenere unito il sistema.
Oggi purtroppo la camorra è decisamente meglio rappresentata dai libri di Roberto Saviano che dai nostalgici remake dei capolavori di Eduardo. E anche se quello di Martone, presente in alcuni cinema in questi pochi giorni con la dicitura e il prezzo – 10 euro – dell’“evento”, rimane un cammeo d’essay, l’iniziativa cozza contro il principio di realtà di quello che è diventata la camorra dal 1960 a oggi (grazie sempre al proibizionismo sulle droghe): un coacervo di tagliagole e assassini seriali dediti al commercio mondiale di cocaina e affini. E da qui è difficile uscire.
Aggiornato il 03 ottobre 2019 alle ore 11:32