Era chiaro già dal lontano “Seven Show” (programma di cabaret in voga negli anni Novanta e trampolino di lancio per la maggior parte degli attori comici romani), che Dado, allora accompagnato dalle “Pastine in brothers”, avrebbe avuto successo con la satira, soprattutto quella politica. È passato da “La canzone più lunga al mondo con la durata di 25 ore e un minuto” (entrando nel guinness dei primati), alle “Canzoni Chihuahua”. Da “Servizio Pubblico” di Michele Santoro a “Canta la notizia”, mettendo in musica fatti di cronaca, difficili da affrontare, se non espressi in maniera ironica.
Ne “Il Super-ficiale” tutto si evince, tranne che superficialità. Partendo dalla scenografia, apparentemente fatta con materiale di risulta: libri vecchi, cartellonistica surreale, il busto di un filosofo “snasato”, la Graziella, pc obsoleti gettati nella differenziata e un grande “schermo-coscienza” dal quale, di volta in volta, escono ricordi e all’occorrenza un rumorosissimo allarme a riportare “superficialità”, quando questa si sta perdendo, quando esce fuori l’anima dello spettacolo, dell’artista e degli autori.
Dado, all’anagrafe Gabriele Pellegrini, ha un simpatico vezzo. Glielo vidi fare la prima volta a Stazione Birra, (un locale che alla fine degli anni Novanta ospitava tutto il cabaret romano). Sbottona lentamente il bottone del polsino della camicia (quasi sempre maculato) e sorride, mentre lentamente tira su la manica, con lo stesso gusto di chi ha tutte le carte in mano e sa che, quando le lancerà sul tavolo, non ce ne sarà più per nessuno: vincerà!
Mostra lo stesso vezzo anche durante “Il Super-ficiale”, mentre tira fuori una genialata dietro l’altra, e si sentono risate scroscianti con un retrogusto amaro. Poi, ci si sofferma a pensare. Tante battute, tante risate, tanta riflessione. In un mondo che va decisamente allo sbando, pur rendendosi conto che bisognerebbe agire diversamente siamo telecomandati tutti verso un’unica direzione: una discarica umana a cielo aperto dove solo la mano di “Dio” potrebbe fare qualcosa, forse. “Il Super-ficiale”, accompagnato in scena da due “superficialine”, per la regia di Fabrizio Nardi, è in scena al Tirso De Molina di Roma, fino al 17 marzo.
Aggiornato il 06 marzo 2019 alle ore 17:52