
È l'uomo del momento, anche se la maggior parte dei lettori e
spettatori non sanno chi sia. Joss Whedon è al centro
dell'attenzione del mondo del cinema perché è il regista di The
Avengers, il film di cui tutti parlano, il blockbuster supereroico
di casa Marvel che riunisce un gruppo di eroi mascherati e con
superpoteri per salvare il mondo.
Una specie di Signore degli anelli (esplicitamente citato nei
dialoghi e nella musica di Alan Silvestri) dei cinecomic, che
potrebbe essere uno dei pop corn movie dell'anno, in virtù dello
spettacolo totale e sincero della seconda parte. Ma anche perché è
lo sceneggiatore di Quella casa nel bosco - in sala dal 18 maggio
-, forse il più trascinante, originale, spiazzante horror degli
ultimi anni, sicuramente più farina del sacco di Whedon che di
quella del regista Drew Goddard. Ma il regista, autore, produttore
newyorkese arriva sul grande schermo come figura di culto del
piccolo, in un percorso che parrebbe naturale, ma che data la crisi
di Hollywood non lo è più.
Dopo un po' di praticantato nelle sitcom, Whedon si fa notare
dagli studios che gli affidano gli script di Toy Story (candidato
all'Oscar), Alien 4 più alcuni prodotti Disney di poco rilievo. Ma
il tarlo che rode dentro la sua mente è la figura di Buffy, la
cacciatrice, l'ammazzavampiri, ridotta in stracci da un film
d'inizio anni '90 che Whedon disconobbe. Qui nasce il mito
whedonesque, quando l'autore vende la nuova versione del
personaggio, vincendo le resistenze degli executive. E Buffy
diventa una delle più importanti serie tv degli ultimi 20 anni, la
più grande e completa riflessione sulla cultura pop dei nostri
tempi, filtrata da un melodramma horror (post)adolescenziale il cui
spessore fa ricredere i più scettici e regala ai fan episodi
indimenticabili che rileggono il musical, il film muto - ben prima
di The Artist - e riflettono sulla morte e il dolore.
Un genio della narrazione televisiva e dei cultural studies a
cavallo dei millenni probabilmente poco incasellabile dalla tv dei
network: infatti, dopo Buffy, e il suo spin-off Angel (versione più
adulta, dark e hard-boiled del suo maggiore successo), il rapporto
con le reti televisive è burrascoso, il livello di finezza dei
progetti è inusuale. I 14 episodi di Firefly verranno trasmessi da
Fox in ordine casuale, trovando giusta coronazione nel bel film
Serenity (dallo stesso Whedon diretto), le due stagioni di
Dollhouse soffrono di alti e bassi preoccupanti. Il piccolo
schermo, luogo ideale per le modalità del nostro - magari via cavo
-, è davvero troppo piccolo. E allora si torna al cinema, senza
dimenticare il seme di tutto, il fumetto: Whedon scrive Fray,
un'ammazzavampiri del futuro, e la continuazione cartacea di Buffy,
oltre a supervisionare il seguito di Angel. Ma soprattutto crea e
sceneggia un'intera serie degli X-Men, dal titolo Astonishing
X-Men, che convincerà i Marvel Studios ad affidargli la regia del
film sui Vendicatori che sta sbancando i botteghini italiani e
presto quelli mondiali.
E al cinema, Whedon comincia a dedicarsi anima e corpo: oltre ai
due film citati, il nostro è in post-produzione con In Your Eyes,
fantascienza romantica che ha scritto per la regia di Brin Hill, e
una versione contemporanea di Molto rumore per nulla, di cui sarà
anche regista. Questo nuovo, ritrovato amore per la settima arte è
curioso nel 2012: per questioni economiche, culturali, industriali,
Hollywood non è più la Mecca del cinema, non è più il luogo in cui
le idee e i fermenti, le schegge di nuovi linguaggi arrivano al
grande pubblico. La fabbrica dei sogni è ferma, appunto, al riciclo
continuo di idee da fumetto, di personaggi conosciuti, è
conservatrice, tesa a rassicurare lo spettatore più che a
travolgerlo.
Questo compito, assieme a quello di convogliare le tendenze
narrative e non solo, spetta quindi alla tv, soprattutto a quella
via cavo, capace di raffinare il racconto in modo tale da poter
filtrare ogni tipo di metafora e contenuto. Si vedano Mad Men, Game
of Thrones, Big Love, Homeland (per non parlare di Soprano e 24,
finiti da qualche tempo): il mantra degli studiosi di cultura è che
la televisione è il nuovo romanzo americano, come dimostrerebbe
l'adattamento imminente delle Correzioni di Franzen, uno dei grandi
romanzi americani contemporanei. Cosa spinge quindi Whedon ad
abbandonare la televisione per il declinante fratello
maggiore?
In un frangente in cui Spielberg dedica lo stesso tempo a produrre
(fallimentari) serie tv di vario genere (Terra Nova, Falling Skies,
Smash) che a creare film per il cinema, in cui Scorsese riversa
entusiasmo su un grande show come Boardwalk Empire, in cui Michael
Mann realizza una delle più belle ore audiovisive (il pilot di
Luck) degli ultimi tempi per la Hbo, Whedon è una sorta di pesce
fuor d'acqua. Eppure la sua è stata una delle prime figure di
autore - nel senso cinematografico di portatore di idee, temi,
tensioni e immagini propri - televisivo, rendendo possibile la
creazione della nuova serialità come regno dello sceneggiatore,
permettendo l'affermarsi come divi della creazione tv anche di
colleghi più esperti, come David Milch (Nypd, Deadwood), David
Kelley (The Practice, Ally McBeal) e altri. Ma forse proprio per
questo, Whedon vive la contraddizione di essere un grande inventore
di forme, trame, idee e riflessioni attorno all'estetica popolare e
alla cultura dei generi, in un momento di ripiegamento, in una
congiuntura economica e non solo che impedisce il rischio, la
sperimentazione, le reinvenzione delle forme.
Dopo che negli anni '00, la narrazione tv ha creato un impero,
anche fruitivo, gli anni '10 servono a consolidarlo, a
solidificarlo. A immobilizzarlo, forse, più che a espanderlo. Tanto
vale allora tornare agli albori, sfruttare il momento di buio della
cinematografia, la tabula rasa da qualcun altro per poter
ricostruire qualcosa di nuovo, o almeno di interessante. Il talento
e l'intraprendenza sono tanto sicuri da non poter fallire, e le
prove di The Avengers, che porta l'"insalata" fumettistica al suo
zenith, e Quella casa nel bosco, che azzera in pratica tutto
l'horror moderno, lo confermano. Sempre in attesa però - come ha
dichiarato in un'intervista al sito internet Av Club - di un seria
proposta televisiva: perché il primo amore non si può
dimenticare.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:18