Il diritto internazionale, il Caucaso e le mine antiuomo

Mercoledì 14 giugno 2023, presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica, si è svolta un’importante conferenza stampa su una questione particolarmente delicata per gli attivisti e gli esperti di diritti umani e diritto internazionale.

Su iniziativa del senatore Marco Scurria, la conferenza ha analizzato, dall’ottica del diritto internazionale umanitario, “il caso delle mine antiuomo in Azerbaigian”. A portare i saluti iniziali lo stesso senatore Scurria che, dopo un partecipato ricordo per il senatore Silvio Berlusconi, ha introdotto i lavori e dato la parola al coordinatore dell’incontro, il professor Antonio Stango, presidente della Federazione Italiana Diritti Umani – Comitato Italiano Helsinki. Alla conferenza hanno partecipato Musa Marjanli, direttore della rivista “Irs-Heritage”, che ha presentato il volume, recentemente pubblicato, “Hidden Seeds of Death”, dedicato alla difficile situazione dei territori azerbaigiani liberati dall’occupazione armena con la Guerra Patriottica del 2020 e oggi oggetto di un poderoso lavoro di ricostruzione e sminamento da parte dell’Azerbaigian; Massimiliano Sarrocchi, esperto nel settore militare, che ha portato la sua esperienza nell’ambito dello sminamento del Karabakh: “Lo sminamento”, ha sottolineato l’esperto, “è il primo step per la pace e per la ricostruzione” e il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della commissione sulle Politiche dell’Unione europea del Senato, che ha evidenziato come dopo la guerra sia emerso un grave problema in Azerbaigian legato allo sminamento, ribadendo l’importanza di un impegno della comunità internazionale focalizzata su questa questione, nel rispetto delle norme internazionali e sfruttando la tecnologia. Successivamente è intervenuto Elvin Ashrafzade, consigliere dell’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian nella Repubblica Italiana, che ha riassunto la situazione attuale in Azerbaigian, causata dalle mine, che ha portato a 3.369 vittime nel paese. Lo sminamento è una priorità per il paese e le mine antiuomo intaccano una serie di diritti fondamentali. Il consigliere ha condiviso la sua personale esperienza di sfollato, privato da decenni della possibilità di visitare la sua terra di origine. In conclusione, il professore Danniel Pommier ha evidenziato con un breve intervento come l’Italia abbia abbandonato la produzione di mine antiuomo e come l’impiego di mine antiuomo sia un enorme ostacolo alla ricostruzione. Con la liberazione dei territori occupati dell’Azerbaigian e le recenti dichiarazioni del premier armeno Nikol Pashinyan, che ha ribadito che l’integrità territoriale dell’Azerbaigian include il Karabakh, un accordo di pace tra Erevan e Baku potrebbe essere vicino, mettendo fine a una disputa che ha diviso i due Paesi del Caucaso meridionale fin dalla fine degli anni Ottanta.

Tuttavia, il cammino verso la normalizzazione dei rapporti tra le ex repubbliche sovietiche è complesso e dipende anche dalla delicata tematica delle mine antiuomo che le truppe militari regolari e irregolari dell’Armenia hanno piazzato, nel corso di numerosi anni, lungo i confini. Il Karabakh è a lungo stata una delle zone più minate al mondo. Halo Trust, l’organizzazione non governativa internazionale che si è occupata, a partire dal 2000, di sminare il Karabakh sotto il controllo armeno aveva previsto di finire nel 2020 il lavoro di rimozione degli ordigni rimasti dopo la prima guerra del Karabakh. Dalla firma della Dichiarazione Trilaterale del 10 novembre 2020, a seguito dell’esplosione di mine terrestri, sono cadute vittime 304 persone in Azerbaigian. Una situazione apparsa subito drammatica che spinse il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, a lanciare un appello alla cittadinanza: “Voglio fare appello a tutti i cittadini dell’Azerbaigian: chiedo loro di non entrare nelle terre liberate senza permesso. Da un lato capisco questi passaggi di persone che hanno aspettato tanti anni per tornare in patria, ogni ex sfollato vuole tornare in patria, al suo villaggio natale, ma chiedo loro di aspettare, i lavori di sminamento devono prima essere completati. Perché c’è un grande pericolo, sia per i pedoni che per i veicoli”. Occorre ricordare che dall’agosto 2022, più di 2700 mine antiuomo prodotte in Armenia sono state rilevate in alcune parti dei distretti di Lachin e di Kalbajar dell’Azerbaigian. Ciò che la comunità internazionale può osservare nel Caucaso evidenzia che solo l’estesa e incessante pressione dell’opinione pubblica e delle varie organizzazioni sui governi restii ad adottare misure di contenimento del problema delle mine può raggiungere l’obiettivo di bandire definitivamente tali armi, non facendo calare l’attenzione su tali territori.

In questo contesto, tra il 24 e il 26 maggio 2023 si è tenuta a Baku e ad Aghdam la II Conferenza Internazionale “Mine action - the Path to Reaching Sdgs”, nella quale è stato sottolineato come l’impatto delle mine terrestri e degli ordigni esplosivi sia un impedimento al raggiungimento dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030 e per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile a livello locale e nazionale. I partecipanti alla conferenza hanno messo in luce alcune azioni da intraprendere per giungere ad un “mondo libero dalle mine”. Peraltro, gli esperti giuridici internazionali ricordano che nuovi passi in avanti possono essere intrapresi dall’obbligo globale di rendere le mine rilevabili, di mappare tutti i campi minati e le trappole esplosive, adottando delle disposizioni che ampliano la protezione da accordare alle missioni delle Nazioni Unite e al personale della Croce Rossa Internazionale, fornendo concreta protezione agli operatori umanitari.

Aggiornato il 20 giugno 2023 alle ore 11:55