La geopolitica europea delle materie prime e delle terre rare

L’accesso sicuro e sostenibile alle materie prime è divenuto una problematica della nostra attualità economica e politica. L’Unione europea sta tentando di sviluppare una strategia diplomatica ed economica al fine di prevenire le continue criticità dei materiali. Le materie prime critiche sono individuate dalla Commissione europea sulla base di due fattori: l’importanza economica e il rischio di approvvigionamento per l’industria europea. Il primo aspetto dipende da condizioni di stabilità politica ed economica, livello della concentrazione di produzione, potenziale di sostituibilità e grado di riciclo. Il secondo fattore è indicativo dell’importanza di una materia prima nello specifico settore economico e dell’importanza del settore stesso nell’economia comunitaria.

L’Europa deve far fronte al rischio di approvvigionamento a causa di situazioni di monopolio, alto costo, elevata domanda, instabilità politica dei Paesi produttori, accumulo di riserve, problematiche di carattere ambientale e volatilità del prezzo. La Cina è tra i Paesi principali nell’innescare scenari di criticità come avvenuto nella crisi del 2011 che vide protagonista le terre rare e il loro maggiore produttore (Cina). A causa di risorse proprie limitate, l’Europa importa materie prime dalla Cina (antimonio, bismuto, magnesio), nonché da Marocco, Russia, Turchia, Stati Uniti, Australia, Messico, Algeria, Indonesia, Brasile, Kazakistan, Nigeria e Sudafrica. Inoltre, è da segnalare un particolare da non sottovalutare: l’Europa importa il 100 per cento di antimonio, bismuto, magnesio, borati, gomma naturale, niobio, fosforo, scandio, tantalio, platino, terre rare leggere e pesanti. Importa oltre il 96 per cento di elio e l’88 per cento di fosfati di roccia. Futura Network, il Think Tank dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), chiede alle istituzioni internazionali ed europee di sottovalutare le analisi riportate nel rapporto Critical minerals market review 2023, pubblicato a luglio dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea).

Il rapporto riporta che la domanda totale di litio sul mercato mondiale nel 2050 equivarrà a 1.313 kilotonnellate all’anno, se gli accordi di Parigi che prevedono una economia Net zero verranno rispettati. Nel 2021 questa domanda ammontava a 99 kilotonnellate. Sempre in una prospettiva Net zero, la domanda di cobalto si moltiplicherà per sei, quella di nickel di più del doppio. Per far fronte a questa situazione, la Commissione europea ha presentato l’European Critical Raw Materials Act, il primo piano strategico europeo in materia, con l’obiettivo di assicurare ai Paesi comunitari un approvvigionamento sicuro, diversificato, conveniente e sostenibile, con mutuo beneficio dei Paesi europei ed extra-europei. Il Piano pone target ambiziosi: almeno il 10 per cento delle materie prime critiche consumate in Europa dovrà essere estratto da miniere europee; almeno il 40 per cento delle materie prime critiche consumate nell’Ue dovrà essere raffinato in Europa e almeno il 15 per cento delle materie prime critiche consumate in casa europea dovrà arrivare da attività di recupero e riciclo. Inoltre, entro il 2030, non oltre il 65 per cento del consumo annuale in Ue di ciascuna materia prima strategica, lungo tutte le fasi della filiera produttiva, dovrà provenire da un singolo Paese terzo.

Scenari geopolitici ed economici di estrema importanza in cui si inserisce il grande dibattito sull’innovazione tecnologica, la ricerca scientifica e l’impatto sull’ecosistema terrestre. La frontiera dell’estrazione dei minerali può, almeno in linea teorica, continuare a espandersi. Sono numerosi gli esperti e le organizzazioni che chiedono un’attenzione specifica all’estrazione di materie prime nei fondali sottomarini e si studiano anche nuove modalità di sfruttamento di asteroidi o di miniere lunari. Ma si tratta di progetti lontani, mentre la concretezza della competizione geopolitica è immediata, e necessita di soluzioni rapide che devono rispettare l’ecosistema e la sostenibilità del modello economico europeo.

Aggiornato il 28 luglio 2023 alle ore 16:03