L’insostenibile pesantezza  della non credibilità

Il, seppur dignitosissimo, premier Paolo Gentiloni, a proposito del funesto protezionismo che Donald Trump intende attuare, sostiene che vi debba essere “centralità della libertà economica” e che “senza libertà economica non c’è prospettiva di crescita e di sviluppo”. Tutto giusto, giustissimo, un bignami del liberismo. Proprio qui voglio arrivare. Affermazioni impeccabili, musica per le mie orecchie, dolce sinfonia se pronunciate da un liberale. Stridono invece se uscite dalla bocca di una persona che nella sua vita è stata tutto tranne che liberale. Prima nel Movimento Studentesco di Mario Capanna, poi Movimento Lavoratori per il Socialismo, Sinistra extraparlamentare con Chicco Testa, e per concludere questa “magnifica” e “liberale” traiettoria giovanile, militante nel Partito di Unità Proletaria per il Comunismo. Movimenti che, ovviamente, all’ordine del giorno, non avevano la tanto (adesso!) acclamata e auspicata libertà economica. Ma ormai, dai vecchi fascisti ai vecchi comunisti, tutti sono sedicenti “liberali” - è la nuova moda baby! - tutti di colpo sono “garantisti”. Ripongono il forcone, le preventive manette, le monetine non le scagliano più come un tempo - fomentati da Achille Occhetto e la sua “gioiosa” macchina del fango - e si fanno belli parlando di tutele nei confronti dell’indagato. Robespierre che diventa Cesare Beccaria. L’elogio alla povertà di spirito. Squallidi trasformisti. Questa invece è l’unica verità per definirli. Per essere più istituzionale del cantastorie fiorentino ci vuole ben poco e sicuramente Gentiloni istituzionale lo è, ed è anche dignitoso, tuttavia essere dignitosi ed essere credibili non sono sinonimi.

Aggiornato il 08 maggio 2017 alle ore 13:40