Il peso piuma dell’Italia oltreconfine

Un pugile anziano che incassa pugni da pesi massimi giovani e forti; uno stivale con la punta bucata e il tacco, giorno dopo giorno, sempre più logoro. Ma anche un nonno che racconta, commosso, ai propri nipoti di un passato glorioso e non guarda più in là dell’oggi, perché sa che del suo domani non v’è certezza; o un gioiello d’argento ossidato, un tempo da tutti ammirato. E il naufragar ci è triste in questo mar. Scegliete una qualsiasi di queste malinconiche metafore e sovrapponetela alla cartina dell’Italia, vedrete che combacerà con ogni suo angolo, da nord a sud, da est ad ovest, isole comprese.

Nell’immaginario collettivo il mese di novembre è sinonimo di tristezza - per l’eco sempre più flebile dei caldi e felici ricordi estivi - e di inquietudine, provocata dal lungo e algido inverno che, imminente, busserà alle nostre porte, mentre si è alla finestra accompagnando con lo sguardo i voli delle ultime e ritardatarie foglie, o ci si riscalda con le fiamme amiche di un camino, una manciata di castagne e un buon calice di vino. Quest’anno però le castagne sono amare e a noi italiani non basterebbe un’intera vendemmia per illuderci di dimenticare tutti i fallimenti che il destino ci ha riservato, tentando di affogarli con un subdolo sorso alcolico.

Per Karl Marx la religione è l’oppio dei popoli, io ritengo che lo sia anche il calcio e nella prossima estate lo spacciatore nazionale ci priverà di una sana dose di oppiacei e - considerando che l’ultima volta che gli Azzurri non si qualificarono a un Mondiale risaliva a sessant’anni fa - la crisi d’astinenza, ne sono certo, si farà sentire pesantemente. Saremo costretti a fare il “tifo” per qualche altra squadra; d’altronde, ormai, dopo aver assistito al nostro Governo che, appena un anno fa, alla vigilia delle elezioni americane, si schierò platealmente e fieramente a favore di uno dei due contendenti, siamo abituati. Ma dato che al peggio non c’è mai fine, il passaggio dal pallone di cuoio al, sempre sferico, bussolotto di Bruxelles, è inevitabile.

L’Agenzia europea del farmaco, che nel 2019, causa Brexit, dovrà abbandonare Londra, non si trasferirà sulle rive dei Navigli ma approderà sulle rive di altri canali, quelli di Amsterdam. Si è perso anche contro l’Olanda, ma non perché sia stata migliore di noi, semplicemente perché si è rivelata più fortunata. Decidere questioni così delicate (Milano perde in un battito di ciglia un indotto pari a 1,7 miliardi di euro l’anno) affidandosi a una pallina pescata da un ministro estone è, a caldo, di una tristezza infinita e, a freddo, emblema di due rilievi difficilmente confutabili: in primo luogo la viltà che aleggia a Schuman. Un’Unione europea che non ha né politica fiscale comune, né bilancio comune e neppure esercito comune, però ha due bussolotti che tolgono dall’imbarazzo delle decisioni. Non è bastato avere il miglior sistema industriale nazionale della farmaceutica, assai vicino ormai agli standard tedeschi per dimensione. Coesione tra Lega Nord e Pd è evento più unico che raro, quasi più del passaggio della Cometa di Halley (prossimo perielio previsto in data 29 luglio 2061) e, tuttavia, questa volta, grazie a Roberto Maroni e Beppe Sala si è verificato e abbiamo assistito a un vero e proprio lavoro di squadra, affiatato e performante.

Nonostante ciò, non è bastato neppure questo miracolo e verrebbe da imprecare contro la dea bendata, rea di averci abbandonato. Ma prendersela esclusivamente con la fortuna non è costruttivo, è fuorviante. Un atteggiamento da perdente, quale è il nostro Paese da ormai troppi anni. C’è dell’altro dietro che sfugge alle coincidenze astrali e attiene, invece, a qualcosa di meno vacuo, più concreto, più profondo ed è qui che emerge il secondo rilievo che scaturisce dal meccanismo diabolico del sorteggio. Ossia la realtà - e fa male dirlo - che siamo tra le ultime ruote del carro di un’Unione nata da un progetto nobile e cresciuta con principi insani e sproporzionati, lontani anni luce dall’idea di legame al quale si ambiva all’inizio. Con l’Ema che prenota un volo diretto per Amsterdam si certifica (ancora una volta!) lo stampo franco-tedesco di un vecchio Continente volutamente inclinato verso il nord. Ingordi obesi che lasciano agli affamati e deperiti commensali qualche briciola appena. E così l’Europa della moneta e della vigilanza resta in Germania, banche e Borsa parleranno francese, i farmaci dagli olandesi, Frontex dai polacchi e noi ci aggrappiamo alla modesta Agenzia per la sicurezza alimentare, con sede a Parma.

Qual è l’immagine internazionale e qual è il peso politico che all’estero ha l’Italia? L’episodio di Sigonella, risalente a più di trent’anni fa, rappresentò l’apice dell’importanza del Belpaese nel mondo. Tuttavia non serve sfogliare l’album dei ricordi fino a così indietro, basta fermarsi a quel 28 maggio 2002, Pratica di Mare, vertice Nato e una stretta di mano tra Bush jr e Vladimir Putin resa possibile da chi voleva un’alleanza fra tutti i Paesi occidentali, l’allora premier Silvio Berlusconi. Stretti amici di America e Russia, bei tempi. Ma, a detta dell’intellighenzia nostrana era proprio il Cavaliere a macchiare l’immagine italiana oltre i confini e dunque, chiaramente, fu spazzato via. Così, dopo questo repulisti con il disinfettante quanto valiamo? Siamo un peso piuma, periferia della politica internazionale, non invitati ai tavoli più importanti. L’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, esclusa dal condurre il negoziato sul nucleare con l’Iran - nonostante tale ruolo fosse ufficialmente riservato al capo della diplomazia europea - poiché al suo posto le preferirono la più affidabile Catherine Lady Ashton, transitata prima di lei sullo scranno di rappresentante europeo. L’ennesimo smacco! O come quando la stessa Mogherini si compiacque di annoverare tra i propri meriti l’estensione delle sanzioni alla Russia decisa dal Consiglio dei ministri degli Esteri europei.

Un pilota che, nonostante stia andando a schiantarsi contro una montagna, sorride felice. Questa è l’attuale istantanea tricolore. Come se non bastasse, mentre siamo la sala d’aspetto degli immigrati verso altri Paesi europei, non riceviamo alcun genere di aiuti da Bruxelles, venendo ripagati solamente con ammonimenti e, in ultimo, con un tragicomico bussolotto.

Aggiornato il 24 novembre 2017 alle ore 20:12