Non ha bisogno di ipocrite riabilitazioni, Craxi è stato un gigante

La consapevolezza che siano passati venti anni dalla morte di Bettino Craxi ammanta di nostalgia i pensieri di chi ha vissuto quella intensa ed irripetibile stagione, con onestà intellettuale ed elettrizzante passione per una politica che, all’epoca, non era subalterna a niente e nessuno.

Senza dubbio alcuno il leader socialista è stato il più importante personaggio politico della fine del Novecento, primo attore sia nelle giornate illuminate dal sole sia in quelle bagnate dalla pioggia di monetine. Con la sua personalità maestosa e dirompente e con quel suo sguardo altero ed arrogante, o lo si amava o lo si odiava. La sinistra comunista italiana lo ha sempre odiato e ancora adesso non riesce a fare i conti con lui. Probabilmente mai riuscirà in questa operazione. Il motivo è semplice, riabilitare Craxi significherebbe rinnegare se stessa ammettendo che la sua ideologia è agli antipodi dei valori democratici.

Per tutta la sua vita Craxi fu infatti un fermo anticomunista, contribuendo a svelare quel che effettivamente il comunismo è stato e continua ad essere, un male cronico, totalmente inconciliabile con la libertà. Si oppose strenuamente al compromesso storico e nonostante ciò non si dimostrò indifferente durante il rapimento di Aldo Moro, anzi, fu uno dei pochissimi a non sposare il cosiddetto “partito della fermezza” capitanato dal Pci e da buona parte della Dc, invocando, al contrario, una “soluzione umanitaria” che consentisse la liberazione del segretario democristiano. Riuscì a spezzare l’egemonia del Pciall’interno della sinistra, contrastandolo con il liberalsocialismo, con una visione di giustizia sociale ma in una società aperta e pluralista, caratterizzata da una libertà di mercato. Rese l’Italia la quinta potenza mondiale, fu alleato degli Usa ma mai con modus servile - memento Sigonella. Denunciò il Pci di essere ancora un partito di stampo stalinista – leninista, finanziato dall’Unione Sovietica. Nel 1981 Enrico Berlinguer considerava ancora attuale il pensiero di Lenin e reputava Craxi un pericolo, defenestrando il Psi dalla sinistra italiana, definendolo espunto. Dal canto suo il leader socialista candidava alle Europee Jiri Pelikan, esule cecoslovacco espulso dal Partito Comunista del suo Paese. Alla luce di ciò, riflettere sulla differenza di caratura dei due politici è fin troppo semplice.

Riabilitazioni della figura di Craxi potrebbero essere reputate sincere soltanto se si riconoscesse quanto suddetto, insieme all’ammissione totale e definitiva del carattere persecutorio dell’inchiesta “Mani Pulite” che indusse quarantuno persone al suicidio. Dal 1992 al 1994 in Italia non vigeva più uno stato di diritto bensì una barbarie giudiziaria legittimata e fomentata dalla quasi totalità dei mass media e dal popolo barbaro – prevalentemente di estrema destra e di sinistra - a sua volta aizzato da chi, come Achille Occhetto, organizzò un comizio in Piazza Navona, distante poche centinaia di metri dall’Hotel Raphaël, di fronte al quale, al termine del comizio stesso, si consumò una delle pagine più vergognose della storia italiana. A proposito di assenza di stato di diritto, la Corte europea dei diritti dell’uomo, non a caso, ha bocciato due condanne per mancato rispetto del diritto alla difesa e per violazione della privacy con intercettazioni e perquisizioni non autorizzate; condannando altresì l’Italia per violazione dell’art. 6 sull’equo processo e dell’art. 8 sul diritto al rispetto della vita privata. Un’azione disumana volta a spazzare via tutti i partiti di allora eccetto uno, il Pci poi diventato Pds. Si diede il via all’abuso della carcerazione preventiva, alle minacce di fondere le chiavi delle celle nel caso in cui gli imputati non avessero parlato ed alla distorta interpretazione dell’informazione (o avviso) di garanzia, che da invito all’indagato a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia, divenne la certificazione di colpevolezza. Tutti colpevoli fino a prova contraria. In un tal clima infame, con in sottofondo il “non poteva non sapere”, Craxi lasciò l’Italia con il suo passaporto in mano e non ci tornò mai più. Non biasimo il suo esilio, tutt’altro, lo condivido.

Nulla di tutto ciò verrà mai ammesso e dunque Craxi continuerà ad essere considerato dalla sinistra italiana il male assoluto, con la camicia nera a testa in giù con un cappio legato ai piedi, come sovente veniva raffigurato da Forattini, il ladro per antonomasia, il “cinghialone” espiatorio.

In questi giorni pervengono celebrazioni fuori tempo massimo ma soprattutto fasulle che contribuiscono a far sì che nell’aria aleggi puzza di ipocrisia, la stessa ipocrisia che spinse l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema a concedere i funerali di Stato giustamente rifiutati dalla famiglia Craxi. La vergogna di concedere le esequie di Stato dopo aver fino all’ultimo negato un corridoio umanitario in grado di permettere all’ex premier socialista e consigliere speciale dell’Onu, ma prima di tutto italiano come noi, di farsi curare nella sua patria ed essere operato in strutture adeguate e non in un ospedale militare tunisino, con un infermiere a reggere una lampada totalmente impolverata che di star immobile proprio non ne voleva sapere. Anche Craxi non seppe mai stare immobile (celebre la sua frase “la mia vita è stata una corsa”) e seppur negli ultimi tempi fisicamente fu quasi costretto ad esserlo, mentalmente non lo fu mai.

Continuò così dal suo rifugio ad Hammamet a dire la sua, commentando quotidianamente la politica italiana, con toni aspri e duri, ma sempre lucidi, nonostante il tragico uragano che lo aveva investito. Offrì inoltre e soprattutto visioni drammaticamente profetiche. In un periodo, quello attuale, in cui il politico più incapace riesce a guardare fino al suo indice e quello più capace non oltre il suo mignolo, figure come quella di Bettino Craxi mancano all’Italia come l’acqua manca al deserto tunisino.

Pur essendo europeista invocò una necessaria rinegoziazione dei parametri di Maastricht, previde un’Europa che da democratica sarebbe diventata tecnocratica, presagì una finanza che avrebbe controllato e gestito tutto e tutti ed una difficoltà europea a governare i flussi migratori. Al netto dei soggettivi giudizi, tutto ciò si è verificato, con una precisione oggettivamente disarmante.

Benedetto Croce sosteneva che il vero politico onesto è il politico capace. Partendo da questa massima, non è necessaria alcuna riabilitazione da parte di chi in vita lo ha massacrato, Benedetto Craxi fu infatti un capacissimo statista, un leader unico nella storia d’Italia, nei pregi come nei difetti e negli errori (uno dei più letali fu quello di scaricare Mario Chiesa, liquidandolo con un banale e sbrigativo “mariuolo”). Venne annientato da un golpe giudiziario; lui come tutti gli altri giganti della Prima Repubblica, in un modo vile e barbaro, per lasciar spazio al nulla cosmico, al vuoto pneumatico. Dopo Silvio Berlusconi, unico ed ultimo statista italiano di caratura internazionale della Seconda Repubblica, si sono affacciati dilettanti allo sbaraglio che quotidianamente ci fanno rimpiangere il mondo precedente.

Dal punto di vista della corruzione è cambiato qualcosa? Assolutamente no, financo è aumentata. Fu addirittura Francesco Saverio Borrelli, dominus del pool “Mani Pulite” ad ammettere, con il senno di poi bagnato da lacrime di coccodrillo, che era migliore il mondo di prima. “Chiedo scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”.

Il giustizialismo non si è placato e negli ultimi giorni la giacobina ed illiberale abolizione della prescrizione drammaticamente e pericolosamente è qui a ricordarcelo.

Non credo che ci sia nessuno che possa smentire queste mie considerazioni affermando l’opposto, in caso contrario presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro.

Aggiornato il 21 gennaio 2020 alle ore 12:41