
Fabio Fognini ha salutato il tennis con un ultimo rovescio, forse imperfetto, ma colmo di quella passione che ha sempre contraddistinto la sua carriera. Non c’è stato un trionfo epico a segnare l’uscita di scena, né una conferenza spettacolare: solo un uomo che ha vissuto il campo come un’estensione del suo cuore, che ora sceglie di fermarsi, lasciando dietro di sé una scia di colpi geniali e temperamenti infuocati. Classe 1987, nato a Sanremo con la brezza ligure a scompigliargli i sogni da ragazzo, Fognini è stato una delle personalità più autentiche e controverse del tennis italiano e internazionale. Mai addomesticato, mai troppo prevedibile, ha giocato a modo suo, con quell’eleganza ribelle che lo ha reso unico.
Quando era in giornata, il suo tennis toccava vette poetiche: rovesci che sfidavano la fisica, smorzate che sembravano sussurri al cuore dell’avversario. Eppure, in ogni gesto, c’era qualcosa di più del talento: c’era rabbia, orgoglio, ironia, vita. Il suo trionfo più alto resta Monte Carlo 2019, quando sconfisse Rafael Nadal sulla terra rossa, impresa che pochi possono raccontare, e sollevò il primo (e ultimo) Masters 1000 della sua carriera. Ma Fabio non è stato solo titoli e statistiche. È stato un’anima libera, capace di far discutere, sorridere, a volte arrabbiare. Ha diviso, ma non ha mai lasciato indifferenti. Ha fatto parlare di sé dentro e fuori dal campo, spesso criticato per gli eccessi, ma sempre fedele a sé stesso. Il tennis italiano gli deve molto. Prima di Matteo Berrettini, Jannik Sinner, Lorenzo Musetti, c’era lui. Un precursore moderno, che ha tenuto alta la bandiera quando i riflettori non erano ancora tornati sull’Italia del tennis. Con lui in campo, si poteva vincere contro chiunque. E si poteva perdere contro chiunque. Ma ogni volta, era un viaggio.
Oggi Fognini esce di scena con lo stesso stile con cui ha giocato: senza maschere, senza rinnegare nulla. Lo fa da uomo maturo, padre, compagno di vita della collega Flavia Pennetta, con cui ha condiviso sogni, successi e una vita oltre il circuito. Lascia il professionismo, ma non l’amore per lo sport che lo ha formato e tormentato. Il tennis continuerà, come sempre, ma avrà un sapore diverso. Perché, con Fognini, se ne va un certo modo di intendere il gioco: istintivo, viscerale, umano. E a noi, che l’abbiamo seguito tra rovesci mozzafiato e monologhi con sé stesso, resterà il ricordo di un giocatore che non ha mai chiesto di essere perfetto. Solo vero.
Aggiornato il 12 luglio 2025 alle ore 10:18