Fabio Fognini, l’addio di un talento indomabile

sabato 12 luglio 2025


Fabio Fognini ha salutato il tennis con un ultimo rovescio, forse imperfetto, ma colmo di quella passione che ha sempre contraddistinto la sua carriera. Non c’è stato un trionfo epico a segnare l’uscita di scena, né una conferenza spettacolare: solo un uomo che ha vissuto il campo come un’estensione del suo cuore, che ora sceglie di fermarsi, lasciando dietro di sé una scia di colpi geniali e temperamenti infuocati. Classe 1987, nato a Sanremo con la brezza ligure a scompigliargli i sogni da ragazzo, Fognini è stato una delle personalità più autentiche e controverse del tennis italiano e internazionale. Mai addomesticato, mai troppo prevedibile, ha giocato a modo suo, con quell’eleganza ribelle che lo ha reso unico.

Quando era in giornata, il suo tennis toccava vette poetiche: rovesci che sfidavano la fisica, smorzate che sembravano sussurri al cuore dell’avversario. Eppure, in ogni gesto, c’era qualcosa di più del talento: c’era rabbia, orgoglio, ironia, vita. Il suo trionfo più alto resta Monte Carlo 2019, quando sconfisse Rafael Nadal sulla terra rossa, impresa che pochi possono raccontare, e sollevò il primo (e ultimo) Masters 1000 della sua carriera. Ma Fabio non è stato solo titoli e statistiche. È stato un’anima libera, capace di far discutere, sorridere, a volte arrabbiare. Ha diviso, ma non ha mai lasciato indifferenti. Ha fatto parlare di sé dentro e fuori dal campo, spesso criticato per gli eccessi, ma sempre fedele a sé stesso. Il tennis italiano gli deve molto. Prima di Matteo Berrettini, Jannik Sinner, Lorenzo Musetti, c’era lui. Un precursore moderno, che ha tenuto alta la bandiera quando i riflettori non erano ancora tornati sull’Italia del tennis. Con lui in campo, si poteva vincere contro chiunque. E si poteva perdere contro chiunque. Ma ogni volta, era un viaggio.

Oggi Fognini esce di scena con lo stesso stile con cui ha giocato: senza maschere, senza rinnegare nulla. Lo fa da uomo maturo, padre, compagno di vita della collega Flavia Pennetta, con cui ha condiviso sogni, successi e una vita oltre il circuito. Lascia il professionismo, ma non l’amore per lo sport che lo ha formato e tormentato. Il tennis continuerà, come sempre, ma avrà un sapore diverso. Perché, con Fognini, se ne va un certo modo di intendere il gioco: istintivo, viscerale, umano. E a noi, che l’abbiamo seguito tra rovesci mozzafiato e monologhi con sé stesso, resterà il ricordo di un giocatore che non ha mai chiesto di essere perfetto. Solo vero.


di Michele Bandini