Ritratti. L’importanza di essere “Bob”

Non tutti gli eroi hanno un mantello. E al tempo dei social basta poco per diventare un beniamino. Come accaduto qualche giorno fa alle Olimpiadi di Parigi. Contesto: la gara femminile dei 100 metri stile rana. Tutto pronto alla Defense Arena? Sì. Anzi, no. C’è una cuffietta rimasta a bordo piscina. Un oggetto, visto dall’alto, non identificato. Per certi versi alieno, se consideriamo che le cose devono essere fatte a modino. Quindi, come si procede?

Eh niente, a sbaragliare ogni indugio è un tizio della porta accanto, di quelli come noi. Noi intesi quelli che non stanno troppo a guardare la prova costume. E ci presentiamo in spiaggia con l’addome, diciamo, rilassato.

Costume floreale, una camminata di chi – citando Vasco Rossi – se ne frega di tutto sì, e il piglio delle giornate migliori, si avvicina ai blocchi di partenza. E oplà: tuffo in acqua, recuperato quello che c’è da recuperare (la cuffietta della statunitense Emma Weber). Applausi della folla. Tutto molto bello.

Il seguito è materiale da cane da tartufi: ma chi è quel tizio? Subito arriva un nome: “Bob the cap catcher”, “Bob, il raccoglitore di cappellini”. Sull’identità, la stampa anche specializzata non sa dare indicazioni utili. Un bagnino? Un assistente? O cosa. Qualunque sia la risposta, resta il gesto. Normale. Quindi speciale. Da ferie in riva al mare. Anzi, a bordo piscina.

Aggiornato il 02 agosto 2024 alle ore 12:47