Il Colonnello Calcagni scrive un nuovo record (Video)

Ritrovo il Colonnello del ruolo d’onore dell’Esercito, Carlo Calcagni, dopo un anno. L’ultima volta lo avevo ospitato in una mia trasmissione radiofonica dedicata alle “verità sottaciute” nelle malattie causate dell’uranio impoverito (argomento trattato sempre con la testimonianza del Colonello Calcagni su L’Opinione).
Quel pomeriggio, il Colonnello fu come sempre disponibile e deciso a contribuire alla ricerca della verità. Negli scorsi giorni, quelli del G7, che si è svolto a Borgo Egnazia a pochi chilometri da casa sua, lo ricontatto. Stavolta parliamo del suo nuovo record: con un tempo di 15''30 ha percorso i 100 metri nella disciplina Frame running T72. Una categoria nuova, per l’ufficiale atleta paralimpico. Ha ottenuto un nuovo record del mondo, primo italiano nella storia a vincere un mondiale con il deambulatore.

Colonnello Calcagni, bentornato dal Giappone e bentrovato, ci racconta questa sua nuova impresa sportiva e questo nuovo record?

Di ritorno dal Giappone non posso che essere ancora una volta orgoglioso dei risultati raggiunti e di aver ben rappresentato l’Italia. Per me ogni traguardo non è mai un punto di arrivo, ma un nuovo punto di partenza per raggiungere nuovi obiettivi. È questa costante sfida, soprattutto con me stesso, che mi permette di vivere bene, nonostante tutto e nonostante la grave malattia cronica, degenerativa ed irreversibile. In Giappone ho stabilito un nuovo record del mondo, correndo nella categoria T72, con il frame running che permette ad atleti con gravi danni neurologici e perdita di equilibrio, di gareggiare grazie all’ausilio del deambulatore, evitando rovinose cadute. Ho sbriciolato il mio stesso record di 15 e 39, pochi giorni dopo, durante i Campionati regionali Fispes, a Lecce, completando i 100 metri con un tempo strepitoso di 14 e 60. Questo conferma ancora una volta la veridicità di ciò che sostengo: non gareggio per vincere medaglie o trofei, ma per migliorare me stesso e sfidare i miei limiti. Questo mi permette di vivere, così come le terapie quotidiane mi fanno sopravvivere. In ogni occasione, lo sport diventa per me strumento di miglioramento continuo e di crescita. Attraverso lo sport affermo ogni giorno che Io ci sono… io esisto… io resisto! Esserci, nonostante tutto e tutti, è per me fonte di vita. Sapere di essere un modello, un esempio, un testimone credibile, mi dà nuova linfa vitale e mi ricarica di energia, rendendo possibile apprezzare davvero ogni nuova alba che il Signore mi regala. La vita è un dono inestimabile, che abbiamo ricevuto gratuitamente alla nascita e come tale merita di essere vissuta appieno, sempre e comunque, valorizzandone ogni istante. Quel dono meraviglioso io lo rivivo ogni mattina che rivedo una nuova alba, ma sono le azioni che rendono meravigliosa la nostra esistenza terrena.

Ha sempre creduto (e ne è testimone quotidiano) di come lo sport possa aiutare e ‒ spesso ‒ superare difficili patologie. È così?

Lo sport è mio compagno di vita dalla tenera età di tre anni. Senza lo sport non sarei oggi quello che sono. È proprio grazie alle competizioni sportive, ma soprattutto all’allenamento quotidiano che mi sento vivo. Lo sport, per chi come me soffre di gravi patologie, diventa un sostegno psicologico importante, nel momento in cui rafforza l’autostima e la consapevolezza che i limiti siano solo mentali, perché niente è impossibile se ci credi veramente. Non ci sono traguardi che non possano essere raggiunti, purché le nostre azioni siano animate da tenacia, determinazione, forza di volontà e fede. Crederci sempre, arrendersi mai.

Assieme, un anno fa, con l’attore Gianmarco Tognazzi e l’ex ministro della difesa Elisabetta Trenta, abbiamo dedicato un’intera trasmissione radiofonica sulle verità sottaciute collegate ai militari che si sono ammalati a causa dell’uranio impoverito. A distanza di un anno, può fare il quadro della situazione?

Purtroppo, ancora oggi di uranio impoverito si muore, ma guai a parlarne! Anche il mio amico Gianmarco Tognazzi sa cosa significa trattare questo argomento, dopo aver interpretato il Colonnello Moresco che, nel film “Le ultime 56 ore”, al comando di 12 soldati, si ribella per denunciare le conseguenze dell’uso di proiettili all’uranio impoverito e per farlo sceglie un atto estremo. Non ho pensato mai di arrivare a tanto, ma sicuramente c’è da riflettere. Accanto alle patologie invalidanti, croniche, degenerative, come la mia, si registrano anche decessi di tanti che hanno pagato con il prezzo altissimo della propria vita l’aver espletato il proprio dovere con onore e amore per il Tricolore e per la Patria. Accanto a noi soffrono i nostri cari, spesso impotenti e inermi, incapaci di fornire supporto e sostegno, perché sono proprio loro quelli che hanno più bisogno di assistenza. Ma, nonostante tutto, sono fiducioso: attendo la risposta all’interrogazione parlamentare depositata qualche settimana fa dall’onorevole Mari. Sono convinto che le risposte possano tardare ad arrivare, ma che prima o poi qualcuno dovrà darle. Questa ferma convinzione mi sprona ad andare avanti e a non arrendermi. Io credo nelle Istituzioni, nei valori profondi dell’amor di Patria, nel senso del dovere e della responsabilità. Un soldato rimane tale anche senza un’uniforme. A me la divisa è stata “strappata” di dosso, visto che il Ministero della Difesa ha revocato il mio richiamo in servizio nel Ruolo d’Onore, dopo la mia denuncia nell’intervista realizzata da Luigi Pelazza per la trasmissione televisiva “Le Iene”, ma io la sento cucita sulla pelle. Faccio comunque il mio dovere e continuerò a farlo, per me, per chi crede in me, per chi, attraverso il mio vissuto quotidiano, trova la forza e il coraggio per lottare ogni giorno.Sono sicuro che sorgerà una nuova alba e porterà con sé la luce abbagliante della verità e della giustizia.

Ci sono tanti giovani che non hanno voce e che, ogni giorno, fanno grandi sacrifici per svolgere attività atletica, con la sua polisportiva lavora al loro fianco. Ci racconta di loro?

I giovani sono il nostro futuro ed è soprattutto a loro che mi rivolgo nelle mie missioni quotidiane di sensibilizzazione nelle scuole e nelle comunità civili. Ho sostituito le missioni di una vita fa in territori bellici a sostegno della pace ed a favore delle popolazioni colpite dalla guerra, con missioni di “evangelizzazione”, di “educazione civica” e di “educazione alla vita”. Così ho dato un senso alla mia vita, stravolta all’improvviso dalla comparsa della malattia. Una malattia che avrebbe stroncato e annientato chiunque, che mi ha distrutto ma non mi ha sconfitto. Parlare ai giovani, a quelli del mio team, a quelli che quotidianamente incontro, a quelli che da me traggono ispirazione, per spronarli a credere in sé stessi, a perseguire gli obiettivi prefissati, ad impegnarsi per realizzare i propri sogni, dà un senso pieno e profondo alle mie giornate. In una società liquida, senza padri, i testimoni credibili sono più che mai una necessità impellente. Per essere tali, bisogna agire concretamente ed essere coerenti, allineando le parole alle azioni. Io mi impegno e mi sforzo di essere un testimone credibile, per i miei figli e per i figli di una società che dovrebbe tutelarli, proteggerli, sostenerli ed incoraggiarli nel percorso della crescita. Ai giovani dico sempre: “Se vuoi che qualcuno faccia qualcosa, falla tu per primo e dimostra a tutti come si fa”. Non dobbiamo osservare passivamente quello che ci accade intorno ed attendere il cambiamento. Dobbiamo essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Tutti i grandi cammini iniziano da un primo passo. L’importante è non fermarsi: mai arrendersi! Di fronte alle difficoltà, agli inevitabili momenti di scoramento e di sconforto, alle piccole grandi fragilità, ognuno di noi deve trovare dentro di sé la forza per andare avanti, per credere in un domani migliore, per sperare di essere un giorno felice. Non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni, perché i sogni non hanno età: le mie vittorie, che sono le vittorie di tutti, e l’ultimo mio record ne è la dimostrazione!

Aggiornato il 18 giugno 2024 alle ore 16:51