Improvviso, spettacolare. Il gesto tecnico che fa saltare il banco, provato da tutti e a tutte le latitudini: dalle partite al parchetto agli stadi che contano. Parliamo del colpo di tacco. Di recente lo ha messo in pratica Luis Muriel, attaccante colombiano dell’Atalanta: al 95esimo, nell’ultimo match del campionato di calcio di Serie A contro il Milan, con un guizzo insacca il pallone alle spalle del portiere rossonero, Mike Maignan.
Ma esempi di questa giocata non mancano. Il comun denominatore è l’istinto puro, che diventa protagonista. E a volte mette a dura prova le leggi della fisica. Facendo pure piangere. Come avvenuto all’Italia allenata da Giovanni Trapattoni agli Europei del 2004. Contro la Svezia, gli Azzurri – avanti 1-0 grazie alla rete di Antonio Cassano – vengono raggiunti all’85esimo per “colpa” di un tacco volante di Zlatan Ibrahimovic, che si trova spalle alla porta. Tutti a bocca aperta, compreso il portiere di turno, ossia Gianluigi Buffon. Seguirà il biscottone degli scandinavi nel derby nordico contro la Danimarca. E noi fuori dalla competizione. Con tanti saluti non richiesti.
Il colpo di tacco, poi, è una delle specialità della casa di Roberto Mancini, attualmente tecnico dell’Arabia Saudita. Da giocatore, con la maglia della Lazio, allo stadio Ennio Tardini di Parma sugli sviluppi di un calcio d’angolo battuto dal compianto Sinisa Mihajlovic, sorprende – sempre di tacco – Buffon. Ma non bisogna nemmeno dimenticare Amantino Mancini in un Roma-Lazio, Fabio Quagliarella in Sampdoria-Napoli, lo juventino Roberto Bettega nel 1971 contro il Milan, l’argentino Hernan Crespo, ai tempi del Parma, in un roboante 4-2 in casa della Juve.
Fino all’iconico gol di Rabah Madjer, nella vittoria finale – in Coppa Campioni – del Porto (2-1) contro il Bayern Monaco. Vista l’occorrenza, diventò il “tacco di Allah”. Perché si sa: nel calcio, sacro e profano spesso si incontrano.
Aggiornato il 15 dicembre 2023 alle ore 18:05