Da Millwall al Colchester, dal White Hart Lane passando per Manchester. E se pensi a lui, non puoi non lasciare in disparte quella notte del 26 maggio 1999. Teatro: lo stadio Camp Nou di Barcellona. Contesto: la finale di Champions League tra la compagine inglese di Alex Ferguson e il Bayern Monaco. Sinossi: cosa può accadere in 2-3 minuti. Titoli di coda: passare dall’inferno all’Olimpo. Anche se sei un Red Devil. Teddy Sheringham lo sa.

Il centravanti londinese, a trent’anni e passa, arriva allo United. In rosa il pacchetto avanzato ha gente come Dwight Yorke, Andy Cole e Ole Gunnar Solskjaer. Arriva per rimpiazzare un certo Eric Cantona, The King. Prendersi lo scettro non è facile. Ma Teddy, in qualche modo, ci riesce.

Con quella squadra pazzesca vince tutto, soprattutto il Treble del ’99 (Premier League, Champions League, Fa cup). Con Solskjaer entra nel novero delle leggende ribaltando lo 0-1 dei bavaresi. Verrà osannato come una divinità, pur non essendo divo.

Indossava la maglia numero 10. Quella più ambita, quella più amata. Era un idolo tra gli Spurs. Ma ancora non aveva vinto niente. Eppure, con qualche ruga in volto, ha toccato il cielo con dito. E ha estasiato chi ricorda quel fantastico Manchester che mieteva “vittime”, sportivamente parlando, a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila.

Parlava poco, segnava tanto. In modo elegante, british. Come il calcio di una volta. Un calcio che ti porta dall’inferno all’Olimpo, anche se sei un Red Devil.

Aggiornato il 12 maggio 2023 alle ore 16:49