“La chiave del successo è il fallimento”. Parola di chi vanta in bacheca, tra i tanti successi individuali, sei anelli di campione Nba e due ori olimpici. E che a settembre ha visto la sua maglia numero 23, dei Chicago Bulls – denominata Last Dance e indossata durante una delle partite per le finali del campionato del 1998 – battuta da Sotheby’s per 10,1 milioni di dollari. Oggi, colui che in una stagione è stato votato miglior difensore della Lega e miglior giocatore in assoluto, compie 60 anni. E quindi: buon compleanno Michael Jordan.
Nato a New York, MJ – un brand, un’icona, un idolo di intere generazioni – è considerato tra i più grandi, se non il più grande di sempre nella storia del basket. E che ha cambiato questo sport a qualsiasi latitudine. Non a caso, in un match dei playoff contro Boston Celtics, mise a referto 63 punti. E Larry Bird, nell’occasione, disse: “Ho visto Dio ed era vestito da Michael Jordan”.
Vinceva le partite da solo. Ma il successo – quello stampato negli almanacchi – è arrivato quando intorno ha avuto una squadra dove girava gente come Scottie Pippen, Dennis Rodman, Steve Kerr. E a dirigere la musica c’era un direttore d’orchestra meglio noto come Phil Jackson.
“Ho fallito tante e tante altre volte nella mia vita. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto. Il fallimento ti fa lavorare più duramente”. L’ossessione maniacale di Jordan l’ha accompagnato nel corso della sua carriera, che vede un passaggio anche al baseball prima del ritorno sul parquet.
Tutto il resto è noia. Oppure altro di inimmaginabile, come riportato sulla Gazzetta dello Sport: “Per il lancio della Air Jordan XX3 del 2008, celebrazione della ventitreesima scarpa della serie 23 ovvero il suo numero storico, Jordan dichiarava non si tratta delle scarpe, si tratta di cosa fai quando le indossi. Si tratta di diventare ciò per cui sei nato”.
Aggiornato il 17 febbraio 2023 alle ore 19:03