Anno 1995. Manca poco più di un mese alla fine della scuola e Self Esteem degli Offspring pulsa a palla di cannone. Due amici si danno appuntamento nel pomeriggio per un match a un gioco manageriale, che gira su pc. Il programma è il consueto: fissare il monitor del computer per diverse ore, pensando di capirci di pallone tra strategie, acquisti, cessioni. Sentirsi un allenatore vero, proprio come i ct che popolano qualsiasi bar di paese e che vanno avanti a suon di cognac. Uno dei due ragazzi – quello consapevole che sarà bocciato – per la sua squadra punta tutto su Nicholas Jonathan Barmby, detto Nick. L’altro – che sarà promosso con un paio di 7 in pagella, il che rende tutto ancora più clamoroso – acquista “virtualmente” un centravanti solo perché ha un nome, a suo dire, facile da ricordare.

Qualche giorno dopo, il giovanotto ormai pronto a salutare la quinta ginnasio perché proiettato a come sfangare la prima liceo, per la prima volta vede una partita di calcio sulla tv satellitare. È il 14 maggio e il Liverpool ospita il Blackburn. Il sedicenne, al minuto 20 del primo tempo, balza in piedi e urla come un forsennato. Non è tifoso dei Rovers, sia chiaro. Il motivo è un altro: il tizio dal nome facile da ricordare, eh già, mette la sua firma nel tabellino dei marcatori. Il dubbio, a quel punto, è sciolto: “Allora esiste per davvero Alan Shearer”. L’adolescenza di un ragazzo di provincia, di punto in bianco, è segnata da un totem del calcio mondiale: 260 gol in Premier, ovvero il migliore di sempre. Poi un campionato vinto proprio con il Blackburn, in bacheca una sfilza di trofei individuali e riconoscimenti. Fino all’amore incondizionato per un’unica maglia, quella del Newcastle, con cui si lega a vita. Rifiuterà Barcellona, Manchester Utd, Juventus e Inter, perché nel suo cuore ci sono solo i Magpies.

Destro, sinistro, di testa, in acrobazia, di rapina: dove c’è il gol, c’è Shearer. Il bottino in Nazionale è di 30 reti in 63 partite. Capocannoniere agli Europei del 1996 disputati proprio in Inghilterra, arriva a un passo dalla finale. Il sogno dei Leoni si infrange ai rigori contro la Germania. Strana la vita: nel 1966 la Perfida Albione la spunta per 4-2 sui tedeschi, nella finale dei Mondiali in scena a Wembley. Trent’anni dopo, di nuovo nello stadio londinese ma la storia non si ripete. Shearer, manco a dirlo, segna dopo 3 minuti. Stefan Kuntz ristabilisce la parità: alla lotteria dei penalty è decisivo l’errore di Gareth Southgate.

Il pugno allo stomaco non manda ko il bomber nato a Gosforth, che continua nella sua missione: far impazzire difensori e portieri. Non solo: nel 2000 appare nel film Purely Belter (Prenditi un sogno). La pellicola racconta come due ragazzini cerchino di fare soldi in qualsiasi modo, pur di ottenere i biglietti per assistere alle partite del Newcastle. Il momento clou – fugace ma pur sempre clou, se hai il pallone come chiodo fisso – è quando i protagonisti vedono da vicino il loro idolo, che risponde con un sorriso. Proprio quel sorriso che lo accompagna in ogni sua esultanza: braccio destro alzato, la corsa verso l’infinito. Da una parte la working class che va in paradiso, dall’altra le gradinate del St. James’ Park (impianto sportivo di Newcastle upon Tyne, capoluogo della contea inglese di Tyne and Wear) che vibrano, ubriache d’estasi.

Essenziale quanto basta, idolo di altri tempi, attaccante di razza, animale d’area. Non c’è altro da aggiungere, perché è questa la storia. Always scoring, segna sempre lui.

Aggiornato il 04 dicembre 2022 alle ore 09:39