Tutelare il calcio

Non serve recriminare sugli errori. Nella vita come nel calcio. Il risultato finale è quello del campo. Ma il calcio va tutelato dagli arbitraggi sbagliati che condizionano l’esito degli incontri. Di errori arbitrali se ne deve discutere al fine che non si ripetano e che coinvolgano nel bene sempre le stesse società e nel male gli altri club. Ripetere gli errori è diabolico con l’aggiunta di andreottiana memoria “a pensare male degli altri si fa peccato ma spesso ci s’indovina”.

Nell’ultima fase del campionato di serie A (mancano ancora 2 partite tra cui Roma-Juventus e Lazio-Inter) le polemiche per i cattivi arbitraggi si sono moltiplicate dopo che al centro delle discussioni ci sono stati numerosi episodi a sfavore soprattutto della Lazio. La reazione della dirigenza biancoceleste è stata dura, tanto che il responsabile della comunicazione della Società Sportiva Lazio, Arturo Diaconale, ha parlato a più riprese di “malanimo e pregiudizio” della classe arbitrale per i ripetuti errori riconosciuti da gran parte della stampa sportiva. Non era una voce isolata. Era la registrazione del ripetersi di vicende inquietanti. Contemporaneamente esplodevano gli sbagli degli arbitri internazionali, designati dall’italiano Pierluigi Collina, in partite fondamentali di Champions League.

È assurdo che in alcuni campionati europei il Var abbia piana cittadinanza e in altri no. Con il paradosso che la Fifa introdurrà a giugno il Var ai mondiali di Russia mentre la Uefa continua a rinviarne l’utilizzazione.

Già nel 2017 il Real Madrid s’impose ai quarti di Champions League contro il Bayern Monaco (in panchina Carlo Ancelotti) con due reti nei tempi supplementari in fuorigioco dopo che l’arbitro Viktor Kassai aveva tirato fuori il secondo cartellino giallo nei confronti di Vidal, una decisione dubbia che Rumenigge definì l’arbitraggio “scandaloso”.

La rabbia tedesca è esplosa di nuovo nella semifinale al Bernabeu (2-2) del primo maggio quando sull’1-1 l’arbitro turco Cüneyt Çakır non vede il tocco di mano in area del difensore del Real Madrid Marcelo su traversone del difensore del Bayerm, Joshua Kimmich. Tutti allo stadio spagnolo avevano visto il pallone arrestato con la mano. Gli unici a non vedere sono stati l’arbitro e i suoi assistenti, tra cui quello di porta che era vicino all’azione. C’era forse anche un secondo rigore sull’attaccante Robert Lewandowski.

All’Olimpico il 2 maggio per l’altra semifinale Roma-Liverpool (all’andata gli inglesi avevano vinto 5-2, ritorno 4-2) l’arbitro sloveno Skomina e gli assistenti lasciano correre la parata con la mano alzata del difensore Alexander-Arnold su tiro di El Shaarawy. Era penalty e rosso con espulsione a venti minuti dal termine. Il secondo rigore non dato è quando l’assistente Praprotnik segnala un fuorigioco inesistente di Dzeko involato a rete ed abbattuto dal portiere Karius.

Due semifinali rovinate da errori probabilmente decisivi che avrebbero potuto portare ad un’altra finale a Kiev. L’allarme lanciato sul campionato italiano dalla Lazio, le veementi proteste dell’Inter per la direzione di Orsato nella partitissima con la Juventus, l’amarezza dei vertici della Roma e del Bayern evidenziano che gli episodi da rigore non concessi e le espulsioni a senso unico hanno un peso enorme nelle competizioni che muovono notevoli interessi economici, sociali e sportivi. Quello che è accaduto non dovrebbe più ripetersi: è inaccettabile. A livello italiano dove c’è già il Var occorrono direttive per decisioni uniformi. In campo europeo l’Italia deve alzare la voce.

A Kiev, dopo il Real Madrid, anche il Liverpool è giunto a “mani basse”, dove s’affronteranno campionissimi come Cristiano Ronaldo e Momo Salah per la conquista di una coppa e probabilmente anche del Pallone d’oro.

Aggiornato il 05 dicembre 2022 alle ore 17:03