La censura di Meta sul Covid

Quando si parla di libertà di espressione si fa riferimento a un principio fondamentale, peraltro sancito all’articolo 21 della Costituzione italiana. Altresì, la violazione del succitato principio è ancor più grave quando il suo libero esercizio permette di essere informati riguardo a questioni inerenti quel principio che, oltre ad essere fondamentale, è anche inconfutabilmente l’unico ad essere inviolabile, ovvero il diritto alla salute, sancito all’articolo 32 della Costituzione. La libertà di manifestazione del pensiero esprime un valore fondamentale dell’odierna società democratica e la norma in oggetto sancisce la sua inviolabilità nei confronti di tutti i soggetti e la tutela sotto ogni forma: scritta, parlata e con ogni altro mezzo di diffusione. La stessa Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino la definisce come: “Libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni, uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”.

Pertanto, la garanzia della libera manifestazione del pensiero è una condizione imprescindibile per la vita stessa di un regime democratico. Infatti, essa assicura: la formazione di un convincimento personale da parte di ogni individuo e un’opinione pubblica libera e criticamente fondata.

Contesto storico e principi costituzionali

Proprio a causa del periodo fascista, in cui i controlli sulla comunicazione erano penetranti, il costituente, al contrario, ha scelto di limitarli fortemente, consentendoli solo nei casi previsti dalla legge. Tale impostazione giuridica introduce una riserva di legge assoluta e rinforzata, che limita l’intervento legislativo a norme dettagliate e specifiche e una riserva di giurisdizione, che affida esclusivamente agli organi giurisdizionali l’applicazione delle limitazioni. Inoltre, è vietata qualsiasi forma di censura, tant’è che anche la registrazione dei periodici presso i tribunali della circoscrizione di pubblicazione (articolo 5, legge 8 febbraio 1948, n. 47) non è una misura repressiva, ma uno strumento volto ad agevolare l’eventuale sequestro. Tale procedura non può mai comportare un controllo di merito per autorizzare o meno, la pubblicazione. Invero, la libertà di manifestazione del pensiero si articola in tre dimensioni:

1) Statica, ossia il diritto di formare liberamente il proprio patrimonio di idee;

2) Dinamica, ossia il diritto di esprimere e comunicare tali idee;

3) Negativa, ossia il diritto di mantenere riservate le proprie opinioni.

In particolare, è opportuno precisare che la tutela offerta dall’articolo 21 della Costituzione riguarda la manifestazione del pensiero, mentre la trasmissione del pensiero è garantita dall’articolo 15, che tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni personali. Un singolare evento che ha sconvolto la nostra quotidianità e che ha messo in discussione il nostro futuro e le nostre libertà è stato proprio quello della pandemia del Covid-19, manifestatasi nel 2020. Invero, l’aspetto più sconvolgente non è stato solo quello rappresentato dall’aggressività del virus per la nostra salute, ma anche dalla sua strumentalizzazione per sospendere e violare diritti fondamentali come il diritto alla circolazione (articolo 16 della Costituzione Italiana) e ancor più grave il diritto alla libera espressione di pensiero (articolo 21 della Costituzione italiana).

Il fatto più sconvolgente è stato quello che dopo la diffusione del virus hanno imposto l’inoculazione di alcuni farmaci anti Covid-19 non sperimentati e sui cui attualmente esiste ancora il segreto militare. La “macchina da guerra” della propaganda della maggioranza dei media, asserviti ai dogmi di certi poteri, ha fatto la sua parte nel ridicolizzare e mortificare chiunque non fosse allineato al diktat imperante: “vaccinarsi senza se e senza ma”. La disinformazione sui farmaci anti Codiv-19 è stata tale che ha generato un terrorismo psicologico (e non solo) senza precedenti nella storia democratica o sedicente tale, del mondo Occidentale in particolare e di quello italiano in particolare. La censura è stata così rilevante che anche quei pochi medici, che provavano a porre dei dubbi sulla pericolosità di somministrare farmaci non sperimentati, venivano ghettizzati e sospesi nell’esercizio della professione medica.

Addirittura, uno dei più illustri luminari della medicina come il premio Nobel per la medicina nel 2008, ossia il biologo e virologo Luc Antoine Montagnier, fu tacciato di essere diventato inebetito e fu screditato come scienziato inaffidabile. Mentre la pletora di medici, volenti o nolenti, si adeguavano al pensiero unico, fatto passare come scientifico, ma essendo dogmatico, perché non sperimentato, era tutto tranne che scientifico, visto che la scienza si basa esclusivamente su dati sperimentali e non sulla “fede”. In un contesto storico di tale terrore e di censura dogmatica, il tentativo di infornare in modo libero su ciò che stava accadendo a causa del Covid o esprimere dubbi sulla campagna di vaccinazione anche sui social, come ad esempio Facebook, ha determinato delle proteste da parte della stessa Casa Bianca e definirle “proteste” è semplicemente un eufemismo.

“Urla e minacce piovevano dagli uomini dell’amministrazione Biden contro i nostri impiegati”, così ha rivelato Mark Zuckerberg, Ceo di Meta, durante il podcast di Joe Rogan. Infatti, Zuckerberg ha spiegato che, durante il lancio del programma di vaccinazione, l’amministrazione statunitense cercava di censurare chiunque si opponesse. “Ci hanno pressati per eliminare contenuti che, onestamente, erano veri”, ha ammesso e inoltre ha sottolineato che qualsiasi riferimento agli effetti collaterali dei vaccini veniva rimosso, sia su Facebook che su Instagram. Il proprietario di Meta a distanza di anni fa mea culpa e confessa la censura che ha imposto all’interno dei suoi social, confessando che: “La Casa Bianca ci ordinò di censurare post sui vaccini”. Zuckerberg ha dichiarato che, col senno di poi, alcune decisioni prese durante quel periodo non le avrebbe prese col senno di poi: “Penso che abbiamo fatto scelte che, con nuove informazioni, non faremmo oggi. Mi dispiace di non essere stati più espliciti al riguardo”.

Inoltre, significative furono le pressioni governative e l’impatto sulla libertà di parola, al punto che, secondo Zuckerberg, alti funzionari del governo hanno ripetutamente fatto pressioni su Meta affinché censurasse contenuti relativi al Covid-19, inclusi post umoristici e satirici e questo ha generato non poca frustrazione quando Meta si opponeva. Durante la pandemia, Facebook ha attivato avvisi di disinformazione per gli utenti che commentavano o mettevano “Mi piace” a post ritenuti falsi. La Commissione giustizia della Camera dei deputati ha definito queste recenti ammissioni una “grande vittoria per la libertà di parola” e il sottoscritto aggiunge che chi ha avuto queste condotte dovrebbe pagarne le conseguenze giuridiche, civili e penali.

“Conoscere per deliberare” (Luigi Einaudi)

Aggiornato il 14 gennaio 2025 alle ore 12:58