Qualche settimana fa su #Albait ci siamo occupati del bonus natalizio. Si tratta di massimo cento euro che il governo intende da dare ai lavoratori dipendenti italiani a patto che si concilino una serie di congiunture. L’indagine se persistano è affidata ai datori di lavoro, trasformati in inquisitori. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i ministri all’economia Giancarlo Giorgetti e al welfare Marina Calderone devono averci letto con attenzione. Hanno proceduto a modifica per decreto-legge. Ma l’inquisizione è rimasta.
Chiamo un’amica consulente, per cercare di capire le novità e spiega: “Pensa che hanno cambiato la norma con un decreto-legge che ha modificato la legge di conversione che aveva già modificato il decreto-legge originario. Ti ho detto tutto.”
Sembra uno scioglilingua ma credo non fosse felice.
Sento nelle orecchie la frase Eeh, ma così tanti italiani avranno cento euro in più a Natale”. Mi sale il matto, come si dice a Roma. E comincio a fare due conti e un ragionamento veloce.
La norma sul bonus è cambiata a ridosso di dicembre. Per far fronte alla novità, si mettono nuovamente al lavoro giuristi, le società dei software gestionali con programmatori e responsabili delle reti di vendita, uffici paghe delle imprese, ventottomila consulenti del lavoro, una buona quota dei centoventimila commercialisti italiani. Non sbagliamo, se non per difetto, se valutiamo in almeno trenta milioni i soli costi di consulenza, al livello nazionale. Altri cinquanta milioni sono i costi interni delle duecentoquindici mila imprese italiane che devono garantire l’erogazione del beneficio. Questi costi si riferiscono agli impiegati amministrativi che elaborano, distribuiscono e raccolgono le schede informative che il governo richiede e che devono essere compilate da lavoratori che ritirano, compilano e restituiscono i moduli firmati sotto la loro responsabilità. Per farlo, consumano tempo. Tempo che viene retribuito.
D’altronde questa procedura è necessaria per evitare di esporre i datori di lavoro e i lavoratori a responsabilità di fronte allo Stato. Se si saltasse un passaggio, potrebbe in astratto configurarsi un abuso per la richiesta illecita del beneficio. L’abuso d’ufficio per le amministrazioni pubbliche è stato abolito dal governo Meloni. L’abuso di beneficio dei privati può portare invece a un’accusa di truffa ai danni dello Stato.
Facciamo i conti: per garantire un massimo di cento euro a 4,5 milioni di lavoratori, con una spesa prevista di cento milioni a carico del bilancio pubblico, la filiera della consulenza e delle imprese dovrà spendere ottanta milioni. Ed è comunque esposta a rischi penali e amministrativi che saranno appurati solo a posteriori.
Sempre in questi giorni, è stata anche fatta pubblicità alla notizia dell’aumento delle contravvenzioni stradali. Aumentano, secondo il governo e varie associazioni, per garantire sicurezza sulle strade. Possiamo dubitare sulla sicurezza, possiamo avere certezze sull’aumento. I nuovi importi produrranno introiti alle amministrazioni pubbliche. Gli automobilisti potranno ricevere una contravvenzione di duemilacinquecento euro, pari a una mensilità e mezza di uno stipendio normale, con una sola violazione. Basterà incappare in un tratto di tangenziale o su una strada statale dove il limite sia ridotto a trenta chilometri orari, anziché i consueti novanta. Accade in molte strade. Siamo pieni di limiti di velocità ridotti, con segnalazione magari nascosta da un cespuglio, a volte per lavori di messa in sicurezza eseguiti con una lentezza degna di mille esercizi zen. Certo, rallentare riduce i rischi, ma se le strade non sono sicure, anche le basse velocità non garantiscono molto. Il Mec ha individuato 4,7 buche per chilometro di strada, in media. Se percorriamo dieci chilometri, abbiamo 47 possibilità di fare un incidente per questo. I criminali al volante non si faranno spaventare da multe più alte. Molto spesso girano su auto senza assicurazione e anche senza patente.
L’Italia è uno dei Paesi più disconnessi sul piano dei trasporti pubblici. Siamo costretti a usare mezzi privati per spostarci. Paghiamo cifre esorbitanti per usare mezzi di trasporto privati con rischi enormi per buche e frane che falcidiano le nostre strade, le nostre vite e i nostri semiasse. Curioso che il combinato disposto di strade malmesse e assenza di trasporto pubblico sia risolto con l’aumento del prezzo di tutte le violazioni al codice della strada.
La sicurezza stradale si garantisce con strade a regola d’arte, trasporti pubblici capillari per ridurre il traffico e con limitatori di velocità obbligatori su tutte le auto. Basta collegare l’acceleratore al Gps e nessuno potrà sforare i limiti di velocità. Ci sono soluzioni tecnologiche semplici e più garantiste che l’imposizione forsennata di ulteriori ingiusti balzelli.
Se ci sono alternative al bailamme giuridico-amministrativo, perché il Governo rifiuta questa strada? Perché intraprende la stessa identica sciagurata intenzione di torturare i cittadini? Eppure, l’attuale maggioranza imputa alla vecchia questa abitudine.
La verità è che non è questione di colore. Questa è la nostra attuale cultura giuridica. Le forze parlamentari nutrono e difendono un suk di norme insopportabile e costosissimo per i cittadini, tanto inefficiente quanto inefficace. Questa confusione orribile rende l’Italia ingovernabile. Ogni cittadino ha assaporato la precisione strabica e asburgica dei responsabili di un qualsiasi controllo di legge fiscale, amministrativo, sulla tassa dei rifiuti o per la multa già pagata ma che è richiesta una seconda volta, impunemente, dal comune di Vivomorto di Sopra, quando noi viviamo a mille chilometri di distanza.
A essere rovinate sono troppo spesso famiglie normali e imprese da vessazioni incomprensibili che non modificano di una virgola la situazione abnorme nella quale viviamo. Pretendono di punire noi per tutto quello che non va. Il riformismo sbandierato va al macero. Finché si approvano decreti-legge che modificano una legge di conversione di un altro decreto-legge, l’incertezza regnerà sempre sovrana. E anche se si continuano a punire i privati buoni e cattivi indifferentemente.
Il bonus di Natale per chi lo gestisce è un malus. L’eccesso delle multe o dei regimi fiscali ai quali siamo sottoposti è ingiusto. Questo tipo di produzione normativa rende la nostra vita impossibile. Vita impossibile significa che la pressione fiscale e le spese obbligatorie che falcidiano i nostri redditi ci fanno cedere il 74 per cento di quello che guadagniamo. Basta. Non se ne può più.
Aggiornato il 21 novembre 2024 alle ore 13:35