I femminicidi, la guerra russa in Ucraina, il nuovo tentativo di colpo di Stato in Georgia, il golpe realizzato in Bielorussia, lo strapotere delle polizie morali dei Paesi islamisti hanno molto in comune.
Partiamo dalla cronaca italiana. Una giovane donna è stata scaraventata giù da un cavalcavia, protetto da reti metalliche alte quasi due metri. L’uomo l’avrebbe sollevata e gettata al di là delle reti di protezione. La donna aveva fatto una scelta personale legittima: togliere una persona negativa dalla propria vita. L’idea proprietaria sulla donna è un costrutto giuridico-formale che è stato costruito mattone dopo mattone nelle società basate sull’usurpazione del potere in capo ad un clan, che si chiami nobiltà, satrapia o camorra, poco cambia. La donna, insieme ai gradi sociali inferiori, sono relegati a ruoli marginali soprattutto su basi giuridico-formali. La riduzione in servo della gleba, schiavo o moglie procede inesorabile nelle società oppressive e continua a perdurare. Con la nascita del welfare state comincia il rapido arricchimento dell’umanità che si accompagna all’uscita femminile dalla gabbia della semi schiavitù giuridica. Ma la data dell’inizio dell’arricchimento e della distribuzione del benessere, in Italia, è solo del 17 luglio 1919. Fu allora che il ministro Ettore Sacchi riuscì a far promulgare la legge sulla capacità giuridica della donna. Prima di allora, l’articolo 134 del Codice civile del Regno stabiliva che “la moglie non può donare, alienare beni immobili, sottoporli ad ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, costruirsi sicurtà, né transigere o stare in giudizio, senza l’autorizzazione del marito”.
La riduzione in semi schiavitù stava nel mancato diritto di proprietà oltre che di voto. Metà del nostro mondo era quasi completamente fuori dal gioco sociale e quindi economico. Si tratta di storia vicina, appena cento anni fa. La forza della legge oggi è usata perché la società possa difendere i principi di libertà e di sviluppo economico di tutti e non solo di un gruppo dominante. Le mentalità retrive e violente si oppongono a quelle leggi di garanzia di libertà, si oppongono al vivere sociale. Urlano anziché ragionare, usano la violenza per tentare di minare la società co-operatrice. Come reagisce la società a questi attacchi?
L’atteggiamento violento riduce le opzioni di vita degli aggressori. La memoria sociale reagisce istantaneamente nei loro confronti. Nella nostra società, al di là dell’efficacia delle leggi in termini di sanzione, il violento perde istantaneamente le opportunità di collaborazione e cooperazione. L’aggressore si condanna da sé alla solitudine e spesso, di conseguenza, anche alla povertà miserabile. Il principio di cooperazione è fondamentale e produce una ricchezza infinitamente maggiore del principio di ordine gerarchico. Infatti la lotta contro il mercato, la globalizzazione, la civiltà occidentale è un’altra delle pretese di chi vuole garantirsi il diritto alla violenza. In questo si accompagna al femminicida. Il meccanismo mentale è identico. Asfissiare la libertà della donna e trasformarla in vittima equivale alla volontà di asfissiare la libertà e prendere il potere per decidere dittatorialmente su uomini e cose.
L’approccio violento può avere una sua veste giuridica. Lo vediamo in Iran e in parti del mondo arabo piuttosto vaste. È quello che accade anche in forma pre-legale in luoghi come la Russia, in Turchia, in tanta parte del mondo che si dice occidentale ma sceglie il controllo sulla donna e la soppressione delle libertà. La volontà di soppressione della libertà delle azioni e delle emozioni accomuna i dittatori e gli assassini di donne. Vladimir Putin nella sua conferenza stampa di ieri ha lodato l’Italia per avere un rapporto migliore con la Russia. Poi difende Donald Trump, appena condannato per azioni improprie verso una delle donne con le quali ha avuto relazioni. Infine comunica che se gli Usa non daranno più armi agli ucraini, la guerra finirà entro tre mesi. In sostanza, il dittatore russo chiede che sia lasciata alla Russia la libertà di sollevare il corpo inerme degli ucraini per scaraventarlo dal cavalcavia. Lo Stato reagirà contro l’assassino del cavalcavia. Fa bene lo Stato, ma ancor più la società italiana, a stabilire questo punto di libertà. Putin e la sua cultura della sopraffazione vanno parimenti fermati. È giusto e normale porre un argine netto. Al nostro attivo abbiamo la confessione di Putin: l’Occidente ha un potenziale molto superiore a quello russo. Lui vede la superiorità militare, noi la nostra superiorità morale, basata sul principio di libertà che si rispecchia proprio nella liberazione della donna. Che deve progredire ancora, per il bene e il profitto di tutti. I Paesi senza guerra chiedono alle donne ancora il loro sangue per la libertà di tutti. È il destino degli eroi, la morte. Non vogliamo più eroi. Vogliamo vita, libertà e cooperazione. Putin e gli assassini di donne saranno fermati.
Ringrazio le tirocinanti di Ali-Emozioni in Movimento per la riflessione che hanno procurato con i loro articoli.
Aggiornato il 06 giugno 2024 alle ore 13:17