Torino sotto shock. Mirafiori chiusa fino a giugno. Dopo 80 anni il simbolo dell’automobile italiana ammaina la bandiera. La fabbrica per eccellenza della famiglia Agnelli, al centro della città della Mole, sta scontando una profonda crisi produttiva in un settore in rapida evoluzione tecnologica, con l’arrivo delle auto elettriche. Come contrastare il declino che coincide con la gestione del ceo del gruppo Stellantis Carlos Tavares? Sono mesi che il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso chiede ai vertici dell’industria automobilistica di impegnarsi a garantire maggiori volumi produttivi negli stabilimenti italiani. Nei primi tre mesi del 2024 Mirafiori, Melfi, Cassino hanno dimezzato i volumi produttivi. Va bene solo la Panda. È a rischio tutto il sistema auto e ormai migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione. Secondo voci ricorrenti un’ipotesi di rafforzamento potrebbe venire dall’ingresso nel gruppo di soci cinesi. Prima occorre, però, aprire un negoziato vero con Stellantis che dovrebbe portare a Palazzo Chigi risposte concrete per ribadire la centralità del settore automotive e del suo indotto.
I ritardi nell’adozione del nuovo piano d’incentivi stanno condizionando un mercato che in Europa sta registrando una forte contrazione delle immatricolazioni di auto full electric. La produzione a Mirafiori è ormai sotto la soglia delle 50mila unità nel corso del 2024, è crollata quella della Maserati Levante, l’Alfa Romeo dovrebbe essere prodotta in Polonia, in crisi l’indotto con la Lear (produzione di sedili e 400 lavoratori a rischio), Te Connectivity e Delgrosso. Il pessimo rapporto con l’amministratore Tavares (al quale il Consiglio di amministrazione ha elevato la retribuzione, fino a 36,4 milioni di euro) ha spinto i sindacati dei metalmeccanici ad effettuare scioperi e cortei. Era dal 2019, l’epoca della contrastata vicenda della Tav Torino-Lione, che non si vedeva a Torino una mobilitazione così vasta e trasversale. Le circa 30mila persone in piazza che chiedevano di andare avanti nella realizzazione dell’Alta velocità si sono ripresentate, il 12 aprile, in Piazza Statuto.
A chiedere il sostegno al mantenimento di un ruolo da protagonista nel settore dell’auto questa volta c’erano tutti. In testa, il sindaco della città Stefano Lo Russo, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, tutte le sigle dei sindacati dei metalmeccanici. E come nella marcia dei 40mila del 14 ottobre 1980, questa volta gli industriali dell’Unione di Torino, Coldiretti, Confartigianato, Lega Coop, Confcooperative, Confesercenti hanno solidarizzato pubblicamente chiedendo alle istituzioni di “preservare e rilanciare il distretto dell’automobile di Torino”.
Per la cittadinanza torinese serve una risposta del territorio, forte e corale, univoca e senza etichette. L’obiettivo è “vogliamo lavorare”. La nuova fermata di Mirafiori di circa un mese è l’ennesimo “schiaffone” dato a tutte le famiglie torinesi per le inevitabili ricadute sulle rispettive condizioni economiche. Le polemiche non mancano. È intervenuta l’Arcidiocesi di Torino sul tema del lavoro. Per Carlo Calenda c’è il rischio di una “deindustrializzazione” del Paese. Il leader di Azione chiede a John Elkann di rispettare le promesse formulate anche in considerazione del fatto che i soldi pubblici sono serviti a pagare i dividendi. Affondo anche del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini: “Di italiano in Stellantis, dopo la fusione tra Fca e Psa, resta poco”.
Aggiornato il 26 aprile 2024 alle ore 13:31