Poche contese sono aggressive e talvolta spietate quanto lo sono le contrapposizioni religiose da un lato e quelle ideologico-politiche dall’altro. La ragione sta nel fatto che, ambedue, coinvolgono l’intero significato che gli esseri umani danno alla propria esistenza e, di conseguenza, non possono metterle in discussione accettando la loro potenziale fallacia a vantaggio di altre. Per questo, la difesa di una fede religiosa e, non raramente, di una visione ideologica, assume un tono assoluto senza spazio per chi vi si oppone. In effetti, la razionalità e – almeno per certi versi – il relativismo, hanno ancora molto cammino da fare. L’idea del dubbio, della distanza fra ipotesi e verifica e dell’approssimazione probabilistica, tutti valori introdotti dalla scienza, sono tratti culturali completamente estranei a gran parte dell’umanità.
Il caso della scuola di Pioltello e dell’introduzione di una giornata di vacanza in relazione alla festa del Ramadan si colloca esattamente in questa cornice. Soprattutto per quanto riguarda le reazioni popolari è evidente la forza dell’istinto di preservazione culturale che le anima. D’altra parte, aderire o meno alla decisione del dirigente scolastico e, più ancora, prendere una decisione sul piano politico, significa prendere una posizione sicuramente non facile per almeno due motivi. In primo luogo, per la logica del “precedente”: se si legittima la vacanza per il Ramadan, su quale base, in seguito, opporsi ad altre richieste da parte dei cittadini di religione islamica o di altra fede? In secondo luogo, è facile prendere atto che l’atteggiamento tollerante di una istituzione italiana dovrebbe prevedere, secondo il principio di reciprocità, un analogo atteggiamento, da parte dei Paesi di provenienza, verso i fedeli di indole cristiana, cosa che purtroppo non accade. Si è così di fronte ad un problema assai arduo poiché i due argomenti citati vengono immediatamente assunti – da parte di larga parte della popolazione – come il fondamento che giustifica l’opposizione alla decisione del dirigente di Pioltello.
Ciò che sfugge, tuttavia, è che la presenza di immigrati, portatori di religioni di varia natura, è un fatto acquisito e destinato semmai ad aumentare. Per questa ragione sarebbe opportuno (e più giusto) orientarsi verso una posizione pragmatica. Personalmente ho potuto scoprire una soluzione di questo tipo una ventina di anni fa negli Stati Uniti. Nell’Università dell’Iowa, a Ames, percorrendo un corridoio assieme a chi mi ospitava, mi capitò di osservare una decina di stanze ognuna delle quali aveva un propri cartello indicatore sul quale era indicata una religione (è possibile osservarla ancora oggi qui). Gli studenti possono riunirsi, discutere e organizzare eventi relativi alla propria appartenenza religiosa nel pieno rispetto reciproco. Il principio intrinseco, e implicito, che risiede sotto questa soluzione è palesemente liberale ed è rispecchiato anche nella nostra Costituzione agli articoli 19 e 20. Al di là della soluzione contingente del caso di Pioltello, è a questo che dovremmo pensare senza assumere, da un lato, atteggiamenti troppo semplicistici di apertura senza regole, come sembrano fare, con la consueta miopia, le sinistre più “progressiste” e, dall’altro, senza mettere la testa sotto la sabbia di fronte alla realtà.
Aggiornato il 22 marzo 2024 alle ore 13:24