Ci sono i “maschi” e poi ci sono i genitori; c’è papà Gino, ostaggio di un dolore caustico che corrode ogni membrana; poi c’è papà Nicola, ologramma di sé stesso che non occupa la ribalta. Il padre di Filippo Turetta, l’Angelo della Morte che con venti coltellate avrebbe ucciso Giulia Cecchettin, sgrana le parole, le centellina come se stessero per implodere in gola. Due dolori simmetrici. “Filippo è stato normale fino a sabato. Poi l’inspiegabile”, scansiona tra i singulti ai microfoni della pletora dei giornalisti che lo asserraglia. È la sentinella a cui si è spenta la lanterna proprio nel momento in cui è il buio stesso che tende l’agguato.
Se il Male non è ancora una pianta, è comunque un germe. Un cieco Tiresia il cui strazio sarà la stimmate perenne. Un genitore dovrebbe mappare ogni giorno l’anima del proprio figlio; poi ti piomba addosso quella trave, sembra intendere il signor Turetta, l’Inspiegabile che diventa una forza metafisica che induce a dire iperboliche maledizioni: “Avrei voluto un altro esito…” è struggente augurare un suicidio, ma è emozione epidermica anche questa.
Una tragedia è fatta di misurazioni, come otto giorni, venti coltellate, centoventicinque le vittime di femminicidio e altro. Poi c’è l’imponderabile: quanto dolore, quanto pentimento, quanta dignità di ciascuno in ogni posa. Schegge di vetro contro una lastra di ghiaccio: un inutile impatto. Ad un certo punto la nuvola di schegge diventa raffica e di riflesso un padre, con a carico una parte della colpa, si scherma gli occhi. “Diceva che voleva ammazzarsi se Giulia lo avesse lasciato, che non poteva vivere senza Giulia”, sono ancora parole riportate.
Allora il detonatore della follia conteneva già tutto il mordente. Le ombre sono più visibili della luce, eppure pensiamo che occorra una tecnologia avanguardistica per disoccultarle. Era una sbrecciatura, un filo di muffa, un rumore, un’avvisaglia che non poteva sfuggire e invece ha prevalso la reticenza a riconoscere nel proprio figlio il sintomo di un narcisismo ossessivo. Ecco in quale piega si è annidata la devianza di Filippo: in quel punto in cui non si è avuta abbastanza paura.
Nicola Turetta resterà guercio, metà al buio, perché i figli sono la luce degli occhi dei genitori e quella luce è dimidiata dalla colpa che questa volta, come in un’altra polarità della tragedia greca, si trasferisce da figlio a padre. Nell’ostracismo è impossibile imbracciare il fucile per una battaglia di civiltà. Con la sua pietà verso l’assassino, Nicola Turetta starà dall’altro lato della transenna senza un fiato per sussurrare: donna, vita, libertà.
Aggiornato il 23 novembre 2023 alle ore 13:57