L’ennesimo rinvio. Il processo che vede imputato Patrick Zaki è stato aggiornato al 6 aprile. È stato lo stesso studente egiziano dell’Università Alma Mater a renderlo noto su Twitter. L’udienza, che si è tenuta stamane a porte chiuse presso il Tribunale di Mansoura, era attesa perché in molti, dopo la sua scarcerazione a dicembre, speravano in un nuovo pronunciamento positivo del giudice. Si dovranno attendere invece almeno altri due mesi prima della sentenza definitiva per lo studente, che resta fino a quel giorno libero, ma che rischia fino a cinque anni di carcere per propaganda sovversiva.
“Certamente non è una notizia positiva per tutti coloro, Patrick per primo, che speravano che questa udienza fosse l’ultima”, afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Speriamo che questa libertà, che negli ultimi è stata provvisoria, il 6 aprile diventi definitiva”, prosegue Noury, secondo cui “non è chiaro il motivo per cui è stato deciso il rinvio”, ma si tratta di un “tempo lunghissimo, oltre due mesi”. “Continuerà questo periodo d’attesa che separa Patrick dal desiderio legittimo di riprendere la sua vita normale e noi saremo accanto a lui”, aggiunge il portavoce.
L’’incubo’ per Zaki, che il 7 dicembre scorso è stato scarcerato dal Tribunale di Mansoura, è iniziato il 7 febbraio 2020, quando venne portato dietro le sbarre del famigerato carcere di Tora, dopo essere stato fermato all’aeroporto del Cairo. Era tornato in Egitto per far visita alla famiglia, un periodo di vacanza che invece gli era costato l’arresto. Solo negli ultimi mesi di detenzione era stato trasferito nel carcere di al-Mansoura, città dove Zaki è nato il 16 giugno del 1991.
I capi d’accusa menzionati nel mandato di arresto sono minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. In particolare, il ricercatore egiziano è accusato di avere compiuto propaganda sovversiva attraverso alcuni post pubblicati su Facebook. Il rinvio a giudizio è avvenuto invece per “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” sulla base di tre articoli scritti da Zaki. Tra i testi messi sotto accusa ne spicca uno, scritto nel 2019 sui cristiani copti in Egitto perseguitati dallo Stato Islamico, l’Isis, e discriminati da alcuni elementi della società musulmana. Lo stesso Zaki appartiene alla comunità copta egiziana.
In un video dell’Ansa girato all’immediata vigilia dell’udienza odierna del suo processo a Mansura, Patrick Zaki si era detto relativamente ottimista per l’esito del procedimento, confermando di voler tornare subito a Bologna e, per prima cosa, passeggiare in Piazza Maggiore. “Spero che tutto vada bene”, aveva detto. “Sono un po’ ottimista e incrociamo le dita affinché accada qualcosa di buono, che chiudano il caso e prendano la decisione finale”, ha detto lo studente dell’ateneo bolognese. Alla domanda su quale sarà la “prima cosa” che farà a Bologna, l’attivista e ricercatore ha risposto: “andrò in Piazza Maggiore e poi all’università”.
Aggiornato il 01 febbraio 2022 alle ore 13:29