La morte solitaria di Simone e il fine vita

Nei giorni della Memoria, all’ospedale San Giovanni di Dio a Firenze, qualche giorno fa Simone, un ragazzo di 23 anni, è morto solo, dopo l’ultima telefonata disperata alla mamma. “Sono le norme anti Covid”, si sono giustificati nel reparto. Ma è evidente che un filo si è rotto se celebriamo la Shoah e non riusciamo a provare gli umani sentimenti della pietà, della misericordia e dell’empatia contro le nude regole sanitarie. L’indifferenza, il raggelo, l’involuzione artificiale, la perdita di realtà, come definire l’accaduto? Simone soffriva fin da bambino di sindrome emolitica, una seria malattia del sangue, che teneva sotto controllo. La sera del 13 gennaio si è aggravato ed è stato trasportato al San Giovanni di Dio nel capoluogo fiorentino. Subito sono scattate le misure anti Covid, per cui la famiglia veniva informata via telefono poiché nessuno poteva stare accanto al giovane. Fino all’ultima telefonata, il 15 gennaio: “Non respiro, mi hanno dato l’ossigeno”, sono state le ultime parole. La mamma ha fatto di tutto per correre vicino al figlio, ma nulla da fare. Lo ha potuto rivedere quando era ormai spirato, per un improvviso arresto cardiaco secondo il bollettino medico. Da solo, e chissà se per l’aggravamento o il dolore. Come gli ottantenni in questo tempo di pandemia che se ne vanno senza conforto nelle strutture isolate.

La famiglia di Simone ha denunciato ad Agorà su Rai 3 il grave episodio ed ora sono in corso gli accertamenti giuridici. “Quando era ormai morto ci hanno fatto entrare in tre”, ha denunciato la madre disperata. È il tassello di una grave spersonalizzazione. Non riguarda solo il Covid e le sue regole, rigidissime ma anche quasi inesistenti per altre anime vagabonde. Riguarda le trasformazioni della percezione e della sensibilità umana in questo tempo di sovvertimenti dei principi fondanti dell’etica, in cui la vita e la morte sono dirottate dal “sacro” al sociale, dall’umanistico all’ideologico, dal trascendente al finito. Dapprima la creazione sovvertita dall’innesco degli anticoncezionali, poi l’aborto addirittura come lo scandire della riproduzione nella volontà della donna, quindi tutta la gamma delle fecondazioni artificiali fino alla “maternità surrogata” e fino allo sfaldamento dei generi con il fine vita come diritto con l’eutanasia. Tutto questo ha determinato l’anti epica dei capisaldi dell’esistenza: il principio e la fine come l’alfa e l’omega. Per non parlare della “resurrezione” dei giusti. Una volta a scuola si studiava nei dettagli quel passo dell’Iliade in cui il Re Priamo supplica Achille di ridargli indietro il corpo del figlio Ettore per i funerali di rito. “Abbi ai numi rispetto, abbi pietade di me”, singhiozza il Re troiano verso il Pelide per smuovere quella pietas che pur nella brutalità delle guerre rappresentava il valore e l’onore. È di questa pietas che manca il mondo! È l’indifferenza costruita sull’ideologia delle “società fluide”, che hanno annullato il senso dell’umano nella loro trasformazione atea e ideologica del senso della vita.

Dall’aborto all’eutanasia nella caduta verticale del sacro, dell’eterno, del trascendente, del valore ultimo a cui tende non solo il credente ma ogni uomo. Recentemente Papa Francesco si è pronunciato a favore delle mamme dei figli gay: “Non lasciateli soli”, ha invocato. Ovviamente finendo per essere stravolto nel suo autentico pensiero, perché l’assunto del Papa nella dottrina della “pietà e della misericordia” voleva essere un appello all’amore materno, femminile, affinché non si abbia mai a scindere, perché “la madre” dà senso a tutto e stabilisce ruoli e connessioni, declinazioni e identità. L’episodio della morte solitaria di Simone, a 23 anni, in un asettico reparto d’ospedale, scisso dalla madre nell’ultimo conforto, rappresenta la decomposizione della bioetica. Bisogna averlo il cuore e farlo battere.

Aggiornato il 28 gennaio 2022 alle ore 11:29