“Gomorra” è finita, andate in pace (eterna)

Adesso che tutti i protagonisti della serie di Gomorra sono finalmente morti ammazzati e che la serie è finita possiamo usare l’urlo liberatorio che Fantozzi-Villaggio dedicò alla Corazzata Potemkin? Io penso proprio di sì. Specie questa ultima stagione infatti si è caratterizzata per l’improbabilità della trama e per l’infantilismo del tutto. Con un finale ecumenico: muoiono tutti ammazzati e così sia. In qualche modo ‘sta storia doveva finire. Una guerra di camorra che scoppia per una sorta di gelosia gay tra Ciro e Genny…Mah.

Polizia e magistratura, come al solito inesistenti, se non per l’episodio altamente inverosimile del figlio del pm sequestrato e usato come merce di scambio. E vogliamo parlare dei camorristi uccisi “in miezz a via” per usare lo slang che ha bisogno anche di sottotitoli, visto che l’opzione c’è? In questa guerra di camorra che avviene in piena Napoli si contano più defunti che nei conflitti in Iraq e in Afghanistan messi insieme. Sembra un po’ di trovarsi in una sorta di parodia della strage degli Ugonotti: uccideteli tutti, Roberto Saviano riconoscerà i suoi.

Nell’ultima puntata assistiamo anche a una sorta di comizio da stadio di Ciro Di Marzio che esibendo il malcapitato Gennaro Savastano come trofeo di guerra finalmente vinta sobilla tutta la manovalanza di assassini a manifestare un rinato orgoglio camorristico. Scene come queste nei film le ricordo solo in Machete, che però è uno splatter satirico di Robert Rodriguez, uno degli allievi più bravi di Quentin Tarantino. Non parliamo poi della trama che dalla prima all’ultima stagione di Gomorra è portante: i clan che si rubano i carichi di cocaina l’uno con l’altro. È una emerita idiozia. In Sud America ci sta talmente tanta offerta di cocaina che ci si potrebbero annegare tutte le rivalità camorristiche. Quelli che si rubano la droga l’un l’altro sono al massimo bande di quartiere non grandi organizzazioni criminali che si riforniscono in Messico o in Colombia. Ce ne sta per tutti, insomma.

A conti fatti queste cinque stagioni di Gomorra non fanno fare bella figura a Roberto Saviano che ci ha messo la faccia e il copyright e che ci avrà sicuramente guadagnato un sacco di soldi. Il messaggio è devastante e ridicolo: il crimine più o meno paga. Ciro è immortale fintanto che non si decide di farlo morire nell’ultima puntata per “dare un taglio” a un tormentone che ormai aveva preso la mano a tutti: attori, sceneggiatori e spettatori. Morti Ciro e Genny, però, Gomorra vivrà per sempre. E perdete ogni speranza o voi che entrate. Quando Berlusconi disse che la Piovra dava un’immagine dell’Italia e della Sicilia caricaturale e negativa e non corrispondente alla realtà fu subissato di critiche interessate. Adesso l’intellighenzia di sinistra che si autoesalta in un crescendo onanistico di presentazioni di libri, film e serie tivù nei salotti di Cairo editore che dirà di questo prodotto da esportazione? A Napoli la prendono a ridere: sono noti gli scherzi telefonici in cui si recitano intere scene di Gomorra. E infatti la camorra così rappresentata non è una cosa seria.

Aggiornato il 20 dicembre 2021 alle ore 12:30